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Le banche italiane resistono all’urto degli stress test

Nella grande corsa a tappe delle banche europee sotto la Vigilanza unica, un’altra gara sta oramai arrivando al traguardo. Dopodomani si alzerà infatti il velo sugli esiti degli stress test 2017 sui tassi. E per il sistema delle banche italiane, l’attesa per l’esame, a quanto si raccoglie da indicazioni di mercato, si vive senza particolari ansie.

Anche perché questa volta – al contrario degli stress test dello scorso anno, che prevedevano due diverse soglie da superare – nessuna asticella target è stata prevista nell’ambito dell’esercizio. La Vigilanza Unica, nella comunicazione che verrà effettuata lunedì al mercato – e che in contemporanea verrà fatta in maniera più granulare ai singoli amministratori delegati delle principali banche coinvolte – non farà neppure disclosure dell’andamento degli esercizi effettuati sui bilanci dei singoli istituti. I risultati rimangono infatti informazioni confidenziali tra le singole banche (circa 110 quelle coinvolte) e la Vigilanza. Eventuali impatti quantitativi a valle delle analisi potranno incidere (anche se non automaticamente) sulle soglie Srep, ovvero i requisiti minimi di capitale richiesti a ogni singola banca, che verranno comunicate formalmente solo a novembre.

Le banche italiane sotto esame
Francoforte lunedì dovrebbe annunciare i dati a livello aggregato, eventualmente su base nazionale, così da mettere in evidenza gli effetti potenziali di differenti shock sulla curva dei tassi sul Continente. Nel dettaglio, ad essere coinvolti nell’esame di Francoforte è stata una decina di istituti domestici, tutti alla luce dei dati di bilancio al 31 dicembre 2016: Intesa Sanpaolo, UniCredit (proprio alla vigilia della maxi ricapitalizzazione da 13 miliardi), Ubi, Bper, Mediobanca, Popolare Sondrio, Carige, Credem e Iccrea.

Proprio quando l’attenzione del mondo del credito è concentrata – come oggi – sul tema delle nuove regole sugli accantonamenti proposte dalla Vigilanza europea, e mentre gli istituti già si preparano agli stress test 2018 (ad ampio raggio), Francoforte accende così il radar su un nodo sensibile, visto che è stretto a doppio filo a quello della redditività. Gli stress test avviati a febbraio da Francoforte avevanon come scopo proprio quello di fornire alla Bce un set di dati sufficiente a capire la tenuta a livello patrimoniale e l’impatto sul margine di interesse netto delle banche in diversi scenari di variazioni dei tassi di interesse. Sei le simulazioni immaginate: un rialzo e un ribasso in parallelo dell’intera curva (+ e -200 punti base), un irripidimento (tassi a breve in discesa e tassi a lunga in rialzo) e un appiattimento della curva (tassi a breve in rialzo e a lunga in discesa); e infine uno shock al ribasso e al rialzo dei tassi a breve di 250 punti base. Scenari ipotetici, come detto. In alcuni casi persino irrealistici, se si pensa all’eventuale riduzione dei tassi di 200 punti base, visto che da tempo si ragiona su un’eventuale uscita dalla fase di Quantitative easing. E però proprio su queste coordinate estreme la Bce ha voluto mettere alla prova la tenuta dei bilanci delle banche europee, che presentano struttura di attivo e passivo diverse per caratteristiche e composizione.

L’impatto delle variazioni dei tassi
Dagli istituti nessun commento o anticipazione. Ma stando a quanto raccolto da Il Sole 24 Ore, le banche italiane, seppure con le dovute differenze, non avrebbero registrato scossoni su redditività e patrimonio negli scenari intermedi, mentre ovviamente più sensibili sarebbero state le variazioni negli scenari più estremi della variazione della curva. Non è un mistero del resto che il margine di interesse delle banche – in particolare nel caso italiano – sia correlato ai tassi di breve termine: un balzo ipotetico dei tassi comporterebbe dunque un analogo aumento dei margini. Di converso, un calo di 200 punti produrrebbe effetti negativi su un margine che è già stato messo alla prova duramente in questi anni di tassi raso-terra. Da monitorare sarà anche l’impatto della trasformazioni delle scadenze sul patrimonio. E qui le variazioni possono essere anche significative tra paese e paese, oltre che tra banca e banca. Qui, va detto, nonostante la quota di attività a tasso fisso in Italia sia aumentata, il portafoglio delle banche rimane in prevalenza orientato sul variabile. Ecco perché l’effetto sul valore del patrimonio degli istituti non dovrebbe essere troppo violento.


Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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