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UniCredit, grandi soci pronti all’aumento

Il 12 gennaio l’assemblea, un mese dopo l’avvio dell’aumento di capitale da 13 miliardi. In mezzo, un road show che porterà il ceo Jean Pierre Mustier in tutte le piazze di rito – Londra, gli Usa, Singapore – ma non lo vedrà trascurare l’Europa e soprattutto l’Italia: la taglia dell’operazione è da grandi istituzionali, ma il ceo di UniCredit auspica che anche i soci storici facciano la loro parte. Nonostante uno sforzo pesantissimo, non è escluso che accada. Anche perché l’operazione sarà iperdiluitiva, dunque l’alternativa è vedersi marginalizzati e vanificare buona parte degli ingenti sforzi del passato.

Formalmente tutti aspettano di sapere prezzi e condizioni della manovra, ma gli azionisti – Fondazioni in testa – hanno già approfondito quanto basta il dossier per definire una linea d’azione: CariVerona ha fatto il punto in cda il 16 dicembre, cercherà di seguire pro-quota, salvo tornare a battere sul tasto della governance, Torino – dove se ne è parlato il 19 – anche. Per i due enti il vincolo principale è rappresentato dal protocollo Acri-Mef, che non solo impedisce di superare il 33% del patrimonio con una sola partecipazione, ma limita l’utilizzo di derivati e delle classiche attività di trading di copertura; i paletti non riguardano le fondazioni emiliane, visto che la quota è in capo a una holding, Carimonte: la società potrebbe – per scelta strategica – non sottoscrivere integralmente i 250 milioni necessari a difendere il proprio pacchetto vicino al 2%, ma non dovrebbe stare lontana. E tra i soci privati, dove spiccano Del Vecchio e Caltagirone, soprattutto il primo avrebbe già maturato l’intenzione di tenere le posizioni, su una quota che in passato aveva toccato il 3 per cento. E sulla stessa lunghezza d’onda sarebbe Aabar: nel 2015, secondo quanto rivelato da Radiocor la settimana scorsa, il veicolo del fondo sovrano di Abu Dhabi è tornato all’utile (111 milioni) dopo anni di pesanti perdite, e anche grazie al mezzo miliardo di plusvalenza su opzioni Daimler, un nuovo investimento di 650 milioni su UniCredit potrebbe essere preso in considerazione, un po’ perché si crede nel piano di Mustier e un po’ per difendere il valore di una partecipazione pur protetta da un collar.

Ma l’aumento sarà un’occasione importante anche per sondare l’interesse dei soci di area tedesca: non a caso il manager francese subito dopo l’assemblea ha in agenda alcuni incontri in Germania e Austria. Per il resto, si guarderà ai fondi. Il primo azionista da settembre è uno di loro: Capital Research, a un passo dal 7%, ha fatto il suo ingresso dopo l’approdo (e con la sponda) di Mustier quando l’aumento era già nell’aria, dunque è probabile che segua. Ma in generale tra gli istituzionali nelle ultime settimane c’è stato movimento (nell’ultimo mese il titolo è balzato di oltre il 40%), che in banca e nel nutrito consorzio di (pre)garanzia sull’aumento viene letto come un posizionamento proprio in vista dell’operazione da 13 miliardi, con diritto d’opzione; oltre a Capital Research, la banca dati di Bloomberg segnalava, al 30 dicembre, altri cinque fondi oltre l’1%: BlackRock (4,82%), Dodge & Cox (3,44), Franklin (2,65%), Vanguard (2,07%) e Norges Bank (1,67%).

Nel roadshow Mustier tornerà a presentare il modello di “banca commerciale paneuropea” lanciato a Londra il 13 dicembre. Il manager francese ha in testa il modello Bnp, pur riveduto e corretto viste le radici italiane e una presenza molto più capillare nell’Est Europa: una rete da mettere anzitutto a disposizione delle imprese, valorizzando il cross selling e i servizi di capital markets, ma alleggerendo la rete delle filiali retail e le strutture centrali, dove i costi saranno dimezzati. Un disegno in cui l’Italia, per lo meno dal punto di vista commerciale, è destinata a rimanere centrale: al riguardo, UniCredit starebbe studiando il varo di una “social bank” domestica, pensata per le piccolissime imprese e le categorie più deboli che più faticano ad avere accesso al credito bancario; in quest’ottica, un contributo rilevante potrebbe arrivare dal micro-credito, che sul mercato transalpino vanta una lunga tradizione, e da altre practice sperimentate personalmente da Mustier a Londra.

Dopo aver raccontato il progetto, si passerà all’aumento. Calendario alla mano, una data possibile per l’avvio dell’aumento è lunedì 13 febbraio, giusto in tempo per integrare nel prospetto i dati preliminari del bilancio 2016 che saranno esaminati in cda giovedì 9. Chiusa l’operazione, si avrà la mappa aggiornata dell’azionariato di Piazza Gae Aulenti: in continuità con quanto accaduto negli ultimi anni, l’operazione – il più grande aumento mai visto da parte di una quotata italiana – è destinata ad accrescere ulteriormente il peso degli istituzionali. Si saprà in marzo, un mese prima dell’assemblea che il 20 aprile approverà il bilancio. Il rinnovo del consiglio, invece, è previsto per il 2018. Alcuni azionisti, veronesi in testa, sperano però che – essendocene il tempo – possano essere valutati alcuni rimescolamenti già in aprile, in modo da assicurare una più ampia rappresentanza agli istituzionali. Accadrà? In teoria è possibile, ma non probabile: per fare posto a qualche nuovo consigliere occorre che qualcuno tra gli attuali si dimetta. E poi, c’è chi ritiene più ordinato un ricambio significativo con la fine della legislatura, un anno dopo, quando si raccoglierà il lavoro svolto dalla commissione governance presieduta da  Luca Cordero di Montezemolo:  il cda sarà asciugato a 15 componenti e vedrà un solo vice. Una dieta che inevitabilmente porterà a rivedere pesi e misure dentro al board.


Autore: Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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