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Pioneer, Unicredit dà l’esclusiva a Santander

Unicredit ha deciso di proseguire le trattative per la cessione del 50% di Pioneer con Santander ritenendo l’offerta migliore per prezzo e strategia. “La decisione è di negoziare da ora in avanti solo con Santander, nella sostanza è un’esclusiva”, ha detto l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, al termine della riunione del consiglio di amministrazione precisando che la firma dell’accordo dovrebbe avvenire entro novembre. Tra le altre società interessate alla controllata del gruppo c’erano i fondi di private equity Cvc Capital Partners, in partnership con il fondo sovrano di Singapore Gic, e Advent International.

“Eravamo partiti anche con l’ipotesi di un private equity, poi nel tempo si è sviluppata sempre di più l’opportunità industriale rappresentata da Santander e gradualmente abbiamo fatto nostra questa idea: la decisione di dare preferenza a un partner industriale ci porterà, se le cose si concluderanno positivamente, alla creazione di una società con 350 miliardi di euro di masse gestite, tra le prime 15 in Europa e tra le prime 25-30 al mondo”, ha spiegato Ghizzoni.

L’obiettivo dell’operazione è quello di creare un nuovo, grande player nell’asset management e il top manager si è detto fiducioso che il deal non incontrerà ostacoli autorizzativi da parte delle competenti autorià. Illustrando le sinergie, Ghizzoni ha sottolineato che ci sono potenziali importanti per la rete distributiva di oltre 20 mila sportelli, presenti in Europa e sud America, senza contare e la presenza di Pioneer negli Stati Uniti.

“Il fit geografico è perfetto le sovrapposizioni sono minime, se non inesistenti. Partiamo con una posizione sul mercato captive invidiabile perché pochi hanno a disposizione oltre 21 mila sportelli. Si parte subito con masse importanti”, ha detto il numero uno di Unciredit escludendo tagli di personale a seguito della fusione. Nessun interesse, invece, a prendere parte a acquisizioni sul territorio italiano. “Abbiamo un nostro piano di crescita che sta andando bene e non abbiamo alcuna discussione in atto per fare da polo aggregante in Italia”, ha fatto sapere Unicredit.

Inoltre, il modo in cui l’accordo con Santander è strutturato permetterà a Pioneer di avere accesso ai canali di distribuzione della banca spagnola, che si andranno così a sommare alla rete di Unicredit. Attualmente, Pioneer gestisce il 69% delle sue attività per conto di clienti dell’Europa occidentale, di cui molti italiani, e dell’America Latina e un altro 19% per conto di clienti statunitensi.

Nel dettaglio, il progetto in discussione prevede una aggregrazione, probabilmente attraverso una fusione, tra Pioneer e Santander Asset Management. Unicredit, Santander e l’accoppiata Warburg Pincus e General Atlantic (attuali soci degli spagnoli in Santander AM) deterranno un terzo a testa della realtà che nascerà dalla fusione.

“Negli anni a venire i fondi usciranno, probabilmente tramite un Ipo, e la nuova realtà diventerà una società quotata con due soggetti paritetici: Unicredit e Santander”, ha aggiunto Ghizzoni. Attualmente Unicredit detiene il 100% di Pioneer Investments, mentre Santander Asset Management è controllata per il 50% da Banco Santander e per la restante parte da Warburg Pincus e General Atlantic.

L’operazione dovrebbe assegnare a Pioneer Investments un valore tra 2,7 miliardi e 3 miliardi di euro, pari al 10-11% dell’ebitda della divisione e, secondo alcuni rumors, la transazione includerà un pagamento in contanti da parte di Banco Santander e dei due fondi. Banca Akros (che oggi ha confermato la raccomandazione accumulate e il prezzo obiettivo a 7 euro su Unicredit) ha ricordato che Santander Asset Management nel maggio 2013 era stata valutata 2,05 miliardi di euro, l’1,3% degli asset in gestione. Una valutazione simile di Pioneer oggi sarebbe quindi pari a 2,5 miliardi.

Dello stesso avviso anche gli esperti di Equita (buy e il prezzo obiettivo a 7,8 euro) secondo cui 2,5 miliardi di euro sono una cifra coerente e pari a 11 volte il rapporto prezzo/utile. “L’impatto positivo sul capitale sarebbe di 20 punti base, che permetterebbe a Unicredit di raggiungere un Common equity tier 1 (senza considerare l’asset quality review) a fine anno dell’11%, livello decisamente adeguato secondo noi”, ha concluso la sim.

Per Ghizzoni, invece, l’impatto sul capitale potrebbe arrivare fino a 25 punti base, “ma è tutto da vedere in basa alla finalizzazione” dell’operazione. A Piazza Affari oggi il titolo Unicredit ha chiuso la seduta in calo del 2,32% a 6,115 euro.


Autore: Serena Berici
Fonte:

Milano Finanza

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