Dalla Redazione NPL e crediti deteriorati

Banche, vantaggi e criticità delle operazioni multioriginator di cessione di NPE

Intervista a Damiano Capolupo, Responsabile Credit Asset Management  di Iccrea Banca

 

In generale, la possibilità di organizzare operazioni multioriginator di cessione di NPE ha consentito alle banche di accedere a tutte le forme di dismissione oggi conosciute e utilizzate sul mercato, massimizzando il pricing  e contenendo allo stesso tempo gli effetti sui requisiti di capitale, forme tecniche cui difficilmente avrebbero potuto accedere soprattutto le banche di minori dimensioni a motivo della particolare complessità di tali strutture, dell’onerosità delle stesse in assenza di una size minima che consenta di realizzare economie di scala e della non sempre ampia platea di investitori disposti a partecipare a processi competitivi di portafogli granulari di ammontare ridotto in ragione dei costi di due diligence e della non sufficiente diversificazione territoriale e/o di tipologia di controparte/collateral del portafoglio in cessione. A ciò aggiungasi la complessità per alcune forme tecniche di derisking dei test quali-quantitativi finalizzati a ottenere la derecognition contabile e il significant risk transfer prudenziale.

A metà del 2016, quando il sistema bancario nazionale ha avviato una robusta attività di derisking, le banche less significant (in cui erano ricomprese le banche cooperative, confluite dal 2019 in due Gruppi bancari) detenevano 63 miliardi (per circa 1/3 riferibili alle banche cooperative poi confluite in due Gruppi bancari) dei 353 miliardi di euro di NPEs. L’NPE ratio delle banche minori si attestava al 20,2%, a fronte del 17,9% delle Significant Institution.

Soprattutto grazie al ricorso a operazioni multioriginator le piccole banche hanno potuto strutturare operazioni di cartolarizzazione beneficiando della garanzia pubblica (GACS), che con 48 operazioni realizzate ha consentito di smaltire NPLs per circa 120 miliardi, oltre ad aver fatto ricorso a operazioni miste pro-soluto/apporto a fondi (cosiddetti FIA) con processi competitivi che hanno interessato una vasta platea di investitori, con conseguenti benefici in termini di prezzo. In tale contesto, un ruolo rilevante hanno avuto gli arranger che hanno supportato le piccole banche (le Capogruppo delle banche cooperative per le BCC e gli Organismi di sistema come nel caso delle Popolari di minore dimensione) consentendo loro di portare avanti un processo di derisking sostenibile a livello economico-patrimoniale grazie alla possibilità di ricorrere a forme tecniche di dismissione (incluse le cartolarizzazioni, anche assistite dalla GACS) analoghe a quelle portate avanti dai grandi gruppi bancari nazionali.

A fine 2022 infatti, se i Gruppi Significant (in cui sono oggi inclusi anche in “nuovi” gruppi cooperativi) da prime stime manterranno l’NPEr ampiamente al di sotto del 5%, anche le altre banche Less Significant nazionali si sono avvicinate a tale livello dell’indicatore considerato dall’EBA (e dal mercato) come soglia di “attenzione” per valutare la rischiosità delle istituzioni creditizie. È chiaro che il ricorso a complesse operazioni multioriginator di piccole banche – caratterizzate da criticità legate a processi decisionali e operativi diversi, spesso sistemi informativi differenti e da un non uniforme grado di maturità nella data quality e nella digitalizzazione della documentazione core – richiede uno sforzo organizzativo e di omogeneizzazione dei processi di strutturazione e complessivo governo, anche relativamente agli aspetti legali e autorizzativi, sforzo affrontato al meglio grazie al supporto specialistico fornito dagli arranger.

In questo contesto, il Gruppo BCC Iccrea rappresenta un’esperienza di successo avendo realizzato a partire dall’anno antecedente alla sua costituzione (2019) svariate operazioni di tipo multioriginator che hanno coinvolto anche oltre 90 entità e hanno visto sempre la Capogruppo come arranger delle operazioni (cartolarizzazioni anche con GACS, processi competitivi pro-soluto/FIA che da ultimo hanno interessato anche UTP oltre che sofferenze), transazioni realizzate oggi anche in tempi ridotti grazie all’investimento in professionalità sia in Capogruppo sia nelle banche Affiliate, sistemi informativi, azioni continue di data quality e, non da ultimo, all’utilizzo di strumenti evoluti di data collection e data consistency.

È questa la chiave del successo che ci ha portato a ridurre l’NPEr dal 19% circa di fine 2017, quando abbiamo avviato il percorso di derisking del nuovo Gruppo, al 4,5% di fine 2022, indicatore che scende all’1,5% – pressocché in linea con quello medio dei Gruppi Significant – grazie alle prudenti politiche di bilancio adottate.