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Budget da 25 milioni per sospendere i mutui prima casa fino a 18 mesi

Per dare ossigeno alle famiglie italiane alle prese con l’emergenza coronavirus si parte dai mutui. Chi, con Isee non superiore ai 30mila euro, sia stato sospeso dall’attività lavorativa oppure abbia subito una riduzione dell’orario di lavoro per almeno trenta giorni potrà chiedere la sospensione delle rate per un periodo al massimo di 18 mesi. Al fondo nazionale dedicato, gestito da Consap per conto del ministero dell’Economia, restano a disposizione circa 25 milioni di euro per far fronte a queste richieste.

In queste ore nel settore del turismo, nella ristorazione e, più in generale, in tutte le attività colpite dall’emergenza – anche indirettamente – sono in tanti a trovarsi a casa senza occupazione in attesa di risposte oppure a lavorare con orari ridotti: alcuni hotel hanno dovuto chiudere temporaneamente, gli appalti della ristorazione collettiva vengono sospesi e gli eventi annullati lasciano a bocca asciutta l’indotto. Un congelamento delle attività che si ripercuote sul portafoglio delle famiglie. Ecco perché il Governo nel Dl 9/2020, all’articolo 26, ha voluto allargare il raggio di azione del Fondo di solidarietà per la sospensione del pagamento delle rate dei mutui per l’acquisto della prima casa (istituito con la legge 244/2007). Della nuova condizione di sospensione possono fruirne anche i mutuatari che verranno a trovarsi in difficoltà, in tutta Italia. Un ampliamento strutturale, non temporaneo, dei potenziali beneficiari, non solo confinato alle aree più a rischio e che si potrà applicare anche quando è stata richiesta la cassa integrazione.

Dal ministero dell’Economia fanno sapere che nei prossimi giorni gli uffici dovranno aggiornare il regolamento attuativo del Fondo, per modulare la durata della sospensione e specificare la documentazione richiesta, da presentare a corredo della domanda. Il modulo e la piattaforma informatica andranno adeguate alle nuove direttive. Saranno sempre le banche a raccogliere le istanze.

Ci vorrà, quindi, qualche settimana per rendere operativa la misura. Nel frattempo, chi si trova in queste situazioni è bene che raccolga tutta la documentazione necessaria: se la sospensione o la riduzione dell’orario dovessero durare per più di trenta giorni si potrà fare domanda, «anche in attesa – si legge nel decreto – dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito».

Finora alla misura si poteva accedere solo in caso di perdita del lavoro, morte o riconoscimento di un grave handicap. Per le due nuove motivazioni la trafila da seguire sarà la stessa. Il tutto è ben spiegato nel sito della Consap. A certificare la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro servirà in entrambe i casi un attestato del datore. Non dovrebbe essere difficile superare lo scetticismo iniziale nel rilasciare la documentazione necessaria a circoscrivere la durata di queste situazioni, anche perché la sospensione (o riduzione) potrà sempre essere prorogata.

Nell’aggiornare il regolamento, si presume che il Mef possa indicare a Consap una riduzione minima del lavoro necessaria (una soglia) per accedere al Fondo. In alternativa bisognerà valutare se non sia opportuno legare la durata della sospensione del mutuo alla decurtazione subita o alla durata del “congelamento” dall’attività lavorativa.

L’estensione prevista dal decreto sul coronavirus potrà avere un impatto sull’esposizione finanziaria del fondo. Attivo da novembre 2010, finora ha autorizzato 42.394 pratiche, impegnando risorse per 51,47 milioni. La dote residua di 25 milioni dovrebbe garantire un’ampia copertura: per la durata della sospensione il fondo paga alle banche, al posto dei mutuatari, solo la quota di interessi calcolati sulla base dell’Irs o dell’Euribor presi come riferimento per il calcolo del piano di ammortamento e i mutui stipulati di recente hanno tassi molto bassi. Quelli più datati, invece, hanno più capitale e meno interessi da restituire. Un’avvertenza per evitare sorprese finali: la parte dovuta allo spread resta a carico del mutuatario, che dovrà pagarla quando riprenderà di nuovo a restituire anche il capitale.

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