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Npl, in Europa questa volta l’allarme arriva dalla Germania

L’allarme, a Francoforte, è già suonato. Perché per la Bce l’importante è che il sistema bancario europeo non si faccia cogliere impreparato dalla prossima recessione: e ora i segnali che il vento stia cambiando in peggio in Europa, almeno sul fronte dei crediti deteriorati, stanno arrivando. L’Npl ratio delle grandi banche tedesche, ovvero il rapporto tra crediti deteriorati e totale dei prestiti erogati degli istituti “significativi” vigilati dall’Ssm (che contano per il 62% degli assets totali del sistema bancario tedesco), è salito nel secondo trimestre 2019. Il rialzo è marginale, dall’1,19% del primo trimestre all’1,25% del secondo. Ed è da ricondurre soprattutto a un ridimensionamento del denominatore, il perimetro dei prestiti dell’intero sistema. Lo stesso numeratore, i crediti deteriorati, è lievemente sceso, passando da 34,5 miliardi a 33,8 miliardi, e il calo c’è stato anche tra fine 2018 e primo trimestre 2019.

La Germania continua a mantenersi largamente al di sotto della media europea, ma è il segnale che conta, osservano in Bce. E l’aumento dell’Npl ratio tedesco è comunque la spia che qualcosa sta peggiorando all’orizzonte per tutto il Vecchio Continente. «Dobbiamo risolvere il problema degli Npl mentre l’economia è ancora resiliente – aveva detto a giugno il numero uno della Vigilanza Bce, Andrea Enria -. Se le banche dovranno navigare attraverso la prossima tempesta con troppi Npl nei loro bilanci, saranno meno in grado di sopravvivere e uscirne sane e salve».

Da locomotiva d’Europa, la Germania è tradizionalmente la prima ad avvertire possibili cambi di rotta dell’andamento economico: il Pil tedesco nel secondo trimestre è stato negativo dello 0,1% e giovedì 14 novembre potrebbe emergere altrettanto negativo per il terzo trimestre o fermarsi allo 0% o nella migliore delle ipotesi arrivare a +0,1%: al di là della recessione tecnica o stagnazione, la recessione dell’industria manifatturiera (produzione industriale ancora in segno negativo a settembre) dura in Germania da cinque trimestri consecutivi, il più lungo periodo in negativo dalla riunificazione. La frenata della crescita a lungo andare potrà avere un impatto negativo sulle sofferenze. Fonti Bce sottolineano come diverse banche tedesche, per la prima volta, si stiano attrezzando internamente per affrontare il problema in arrivo. A fronte di flussi di Npl in ripresa, alcuni istituti, starebbero infatti allestendo dei team ad hoc per la gestione e il recupero, sulla scia di quanto suggerito dalla stessa Vigilanza bancaria.

Anche se, va detto, i crediti deteriorati non sono certo il primo problema delle banche tedesche significative, che soffrono di più per i tassi negativi che ne mettono in evidenza la bassissima redditività e uno dei cost-to-income ratio più alti in Europa. Le banche meno significative tedesche, che sono oltre 1.400 e che rappresentano il 38% degli assets totali, sono invece poco trasparenti nel fornire informazioni pubbliche sui crediti deteriorati ma hanno passato l’ultimo stress test condotto da Bundesbank e Bafin con i prestiti in default che arriverebbero al 2,5% delle esposizioni al rischio di credito post-stress nel 2021. Sonja Forster, analista per Dbrs, ricorda che le banche di credito cooperativo tedesche hanno reso noto il rapporto Npl-Total assets per la prima volta nel 2018, sceso all’1,7% dal 2,0% del 2017: resta da vedere come andrà nel 2019 per le banche meno significative tedesche, con i Risk Weighted Assets (attività ponderate per i rischi) che aumentano più degli attivi totali, e un’esposizione in netta crescita nel settore immobiliare residenziale e commerciale con qualche bolla speculativa a macchia di leopardo in Germania, benchè di fondo le banche restino prudenti nel real estate.

Il campanello d’allarme del rapporto al rialzo tra crediti deteriorati e totale dei prestiti erogati in Germania interessa da vicino l’intero sistema bancario europeo. Di positivo c’è che lo sforzo fatto negli ultimi anni dalle banche Ue nel processo di pulizia dei bilancio è evidente. Sotto la spinta Bce, gli istituti hanno ridotto l’esposizione ai non performing in maniera netta: dal 2014, l’ammontare dei prestiti “malati” si è ridotto quasi della metà, passando da mille miliardi a meno di 600 miliardi. Molto è stato fatto, ma molto rimane ancora da fare. Anche in Italia, paese che ha già compiuto notevoli progressi nella riduzione delle consistenze, ma dove il problema non è stato del tutto risolto. Del resto, se è vero che i tassi di interesse bassi comprimono al ribasso i margini di profitto, l’effetto positivo sulle prospettive macroeconomiche aiuta le banche a mantenere contenute le riduzioni di valore. E questo, almeno in teoria, aiuta a dismettere e ristrutturare gli Npl. Per contro la recessione peggiora la qualità del credito, aumenta i tassi di default e il flusso dei nuovi crediti deteriorati e inasprisce le condizioni per la cessione dei Npl.

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Isabella Bufacchi, Luca Davi

 

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