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Pagamenti con bitcoin, obbligo di segnalazione

Pagare un bene o un servizio con monete virtuali fa scattare l’obbligo di segnalazione. Nel 2015, la Uif (Unità di informazione finanziaria, istituita presso Banca d’Italia), dotata di piena autonomia operativa e gestionale, in un comunicazione intitolata «Utilizzo anomalo di valute virtuali», aveva posto l’attenzione per le operazioni in monete virtuali che avrebbero potuto avere una dimensione potenzialmente illegale ed esporre a rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.Il 28 maggio 2019 la stessa Uif ha pubblicato un nuovo documento ove vengono compendiate le istruzioni per la compilazione delle operazioni sospette in caso di utilizzo anomalo di valute virtuali.

Il provvedimento richiama la riforma realizzata con il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90 che, tra l’altro, ha incluso i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale tra i destinatari degli obblighi antiriciclaggio «limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso».

Ulteriore passo avanti verrà fatto con il recepimento nell’ordinamento nazionale della quinta direttiva (direttiva Ue n.2018/843) che individua quali soggetti obbligati anche i prestatori di servizi di portafoglio digitale ovvero di servizi di «salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali».

Il provvedimento, dal punto di vista oggettivo, raccomanda di prestare massima attenzione per le ipotesi di costituzione anomala di provvista impiegata in acquisti di virtual asset (termine utilizzato dal Gafi per indicare la valuta virtuale) mediante:

  • – ricariche, anche frazionate, di carte prepagate eseguite in contanti od online;
    – accrediti di bonifici, anche esteri;
    – ripetuti versamenti di contanti, singolarmente di importo non significativo, ma complessivamente di ammontare rilevante.

È necessario valutare ove possibile se tale provvista possa essere messa in relazione con fondi di provenienza illecita eventualmente connessa con fenomeni criminali quali il phishing (truffa informatica finalizzata ad estorcere informazioni personali, dati finanziari o codici di accesso) o il ransomware (c.d. «virus del riscatto» che rende inaccessibili i dati del computer infettati per poi chiedere un riscatto da pagare per rimuovere tale limitazione). L’Uif, inoltre, pone l’attenzione in cui l’utilizzo di virtual asset avvenga in operazioni speculative immobiliari o societarie finalizzate ad accrescerne l’opacità ovvero l’operatività appaia illogica e incoerente o finanche sia connessa a sospetti di abusivismo o violazioni in materia di offerta di prodotti finanziari o prestazioni di servizio di investimento. Non ultimo è necessario effettuare una valutazione dei soggetti coinvolti nell’operatività delle monete virtuali. Soggetti collegati con persone sottoposte a procedimenti penali o misure di prevenzioni, residenti in paesi terzi ad alto rischio, operanti in aree terroristiche, aventi strutture artificiosamente complesse o opache che rendono difficoltosa l’individuazione del titolare effettivo. Il provvedimento conclude affermando che la mera ricorrenza delle operazioni descritte non è motivo sufficiente di qualificarle come sospette in quanto resta comunque la necessità di svolgere un’approfondita analisi di tutte le informazioni disponibili.


Autore: Arturo Belculfinè, Ciro Petrillo
Fonte: Italia Oggi 

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