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Sovraindebitamento, niente omologa a chi sperpera il Tfs

Annullato il decreto con il quale il giudice delegato omologa il piano del consumatore per rientrare dal sovraindebitamento, se il debitore ha tenuto un comportamento non diligente. La Corte di cassazione, con la sentenza 10095 del 10 aprile, respinge il ricorso contro il provvedimento del Tribunale che, accogliendo il reclamo della banca creditrice, aveva cancellato l’opportunità di rateizzare i debiti, come previsto dalla legge 3/2012.

Il ricorrente, infatti, non aveva retto alla severa prova della meritevolezza, prevista dalla norma «salva suicidi», che consente al privato di attenuare le conseguenze del dissesto, purché la sua condotta e le sue condizioni diano garanzie ai creditori. Nello specifico il dipendente statale si era indebitato dopo un prepensionamento arrivato improvvisamente a causa di un infarto. Motivo che aveva compromesso la sua capacità di reddito e che, certamente, lo rendeva esente da responsabilità, facendolo rientrare nell’ambito del sovraindebitamento senza colpa.

Nel mirino dei giudici era però finito, dopo il ricorso della banca creditrice, il comportamento successivo ai problemi di salute. Il Tribunale aveva riformato il decreto di omologa perché l’uomo non era stato in grado di spiegare come aveva speso gli oltre 38mila euro ricevuti come trattamento di fine servizio, che risultavano incassati. Né passa la giustificazione dell’aiuto dato alla figlia per esigenze di carattere familiare. Per i giudici di merito la scarsa diligenza faceva venire meno le condizioni richieste dall’articolo 12-bis della legge 3/2012, e tanto è sufficiente per mettere la parola fine allo strumento concesso dal giudice delegato nel corso della procedura di composizione della crisi.

Con la sentenza 10095 la Suprema corte afferma anche la possibilità di ricorrere in Cassazione contro il provvedimento di omologa del piano del debitore. La banca aveva chiesto, infatti, in prima battuta di constatare l’inammissibilità, in linea con precedenti pronunce di legittimità, essendo il decreto in questione privo del carattere di decisorietà e definitività. Per la Cassazione, invece, l’orientamento consolidato invocato dalla banca vale solo per il provvedimento di ammissione alla procedura e non può essere esteso all’omologazione del piano, sul quale c’è, invece, una giurisprudenza contrastante. La Corte sceglie la via più “permissiva”.

I giudici applicano all’omologa del piano del consumatore i principi affermati dall’ordinanza 4451/2018 in riferimento all’accordo di ristrutturazione. Decisione con la quale non era stata esclusa a priori la ricorribilità, in base all’articolo 111 della Costituzione, dei provvedimenti camerali.

Per la Cassazione si tratta di due figure di composizione della crisi da sovraindebitamento che non hanno differenze rilevanti. In comune ci sono il carattere contenzioso e l’idoneità del provvedimento a incidere sui diritti soggettivi, come risulta dall’articolo 12-ter. La norma dispone che dalla data di omologazione del piano i creditori, con causa o titolo anteriore, non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali. A differenza di quanto affermato con la sentenza 19117/2017, la via del ricorso in Cassazione è dunque aperta.


Autore: Patrizia Maciocchi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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