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Europa dell’Est, i crediti deteriorati adesso fanno meno paura

Il calo del crediti deteriorati o Non Performing Loans (NPL) è una delle condizioni necessarie per avviare la discussione sull’Unione Bancaria Europea, all’ordine del giorno del Summit europeo di giugno. Qualcosa si muove se non solo gli Npl delle banche dei paesi del Sud Europa, ma anche i crediti deteriorati dei paesi dell’Est Europa hanno subito una drastica riduzione dai livelli toccati prima della crisi finanziaria. Secondo l’ultimo Npl monitor per i 17 paesi dell’Europa dell’Est tra cui gli 11 aderenti all’Unione Europea (Bulgaria, Romania Croazia e Slovenia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia) il livello totale di crediti deteriorati nella prima metà del 2018 si è attestato a 38,3 miliardi di euro con un rapporto sui crediti totali in media al 4% al di sotto del 9,5%, il picco raggiunto nel 2014. Livelli ben distanti da quelli di alcuni paesi del Sud Europa come l’Italia che a fine dicembre contava 134,7 miliardi di euro di Npl e la Spagna 88 miliardi di euro.

Nonostante la differenza dimensionale, durante la crisi finanziaria il peso degli Npl nei bilanci delle banche dell’area ha rischiato di destabilizzare il sistema creditizio, un rischio che al momento appare fugato. «Questa riduzione è attribuibile pricipalmente alla cessione sul mercato degli Npl attraverso fondi specializzati – spiega Bojan Markovic , Deputy Director Economics Department alla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) -. Ci sono state azioni dirette per introdurre nuove regole al sistema bancario e alla legge fallimentare dei rispettivi paesi. Parte del risultato è attribuibile anche dall’Iniziativa di Vienna che ha fatto da stimolo all’introduzione delle riforme».

 

EVOLUZIONE NPL 
Ultimi Npl della CESEE. Il diamante indica il livello più alto dal 2009

 

Avviata nel 2009 al culmine della crisi finanziaria, l’ Iniziativa di Vienna attualmente alla sua seconda versione, ha celebrato nei giorni scorsi il suo Decimo Anniversario e rappresenta un progetto comune tra BERS (Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo), membro fondatore, Banca Europea per gli Investimenti (BEI), Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e altre istituzioni finanziarie internazionali. «L’obiettivo dell’iniziativa è quello di sostenere la stabilità finanziaria nell’Europa dell’Est, incluso l’aiuto alla risoluzione e alla vendita dei crediti deteriorati», spiega Markovic. Alcuni fattori chiave come la struttura proprietaria delle banche dell’area con una forte connotazione estera e il numero limitato di operatori bancari erano tra i fattori a rischio dell’area.

L’esperienza dell’Est dell’Unione Europea è stata solo in parte simile ai paesi del sud Europa: la maggior parte dei paesi dell’area ha confermato i bassi livelli rilevati prima della crisi come nei casi della Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia. Oggi la situazione è sotto controllo e la quota delle filiali bancarie nella periferia Orientale che indica un aumento degli Npl è scesa al di sotto del 10% rispetto al 60% del 2013, anno in cui paesi come la Romania, la Slovenia e la Bulgaria avevano crediti deteriorati superiori al 20% del totale. Le riduzioni degli stock negli ultimi quattro anni hanno comportato una variazione significativa all’interno della regione e gli unici mercati in cui i rapporti Npl sono rimasti a due cifre sono Croazia (11,3%) e Albania (13,4%): quest’ultimo paese insieme alla Macedonia ha avviato i negoziati per l’ adesione all’Ue.

Queste forti riduzioni dei crediti deteriorati, accumulati prevalentemente nei settori del real estate e del corporate, sono state rese possibili grazie a modifiche legislative e regolamentari, alla riforma della legge bancaria e soprattutto alle cessioni. Come nel caso della Romania che in tre anni ha dismesso Npl per 4,96 miliardi di euro pari al 40,9% del totale delle transazioni dell’area.Un trend che è continuato nel primi sei mesi del 2018 con la cessione da parte di Alpha Bank Romania di un portafoglio di 360 milioni di euro di Npl a un gruppo di operatori tra cui Deutsche Bank, Aps holding e Anacap. Oltre alla Romani, tra i più attivi è annoverata la Croazia, dove lo scorso anno UniCredit ha ceduto 335 milioni di crediti deteriorati a B2 Holding. L’istituto italiano si è attivato anche in Bulgaria con due deal il primo da 450 milioni e il secondo da 84 milioni di euro.

Nonostante il successo dell’Iniziativa di Vienna, il ritmo delle cessioni di crediti deteriorati nella periferia orientale ha recentemente rallentato con i volumi che sono diminuiti da un record di 7 miliardi di euro registrato nel 2017 a circa 3,3 miliardi euro nel 2018. Parte del rallentamento del calo dello smaltimento dei crediti deteriorati nella periferia orientale dell’UE è dovuta a fattori sul lato della domanda, in quanto gli operatori internazionali si sono concentrati sui Paesi del Sud dell’UE come Italia, Spagna e Grecia. Basti pensare che il valore degli stock di NPL in Grecia e Cipro sono pari a 121,4 miliardi euro ben al di sopra della totalità di NPLs nella periferia orientale pari a 38,3 miliardi euro.

In prospettiva, «ci concentreremo su quei paesi in cui gli Npl sono ancora doppia cifra come Croazia e Albania», ha aggiunto l’economista della BERS. Non solo. Al fine di rilanciare l’interesse dei mercati nell’Europa centro-orientale, la BERS ha esteso il piano anche ad altri paesi al di fuori della CESEE come Grecia, Cirpo e Ukraina: nel 2017 ha approvato un piano da 300 milioni di euro di finanziamenti per coinvestire in progetti per lo smaltimento degli NPL – sotto forma di un quadro di Risoluzione degli NPL – prevedendo, in particolare, partecipazioni dirette fino al 15% nella gestione di crediti deteriorati, investimenti azionari in portafogli NPL in partenariato con il settore privato, e una struttura di acquisizione degli NPL: i primi due investimenti co-partecipati dalla BERS si sono concentrati sulla Grecia.


Autore: Mara Monti
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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