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Ridurre gli NPL delle banche greche: missione (quasi) impossibile?

I crediti deteriorati (NPL – non performing loans) nei bilanci delle banche europee, eredità della doppia recessione sperimentata tra il 2008 ed il 2013, stanno scendendo a ritmi molto rapidi, ma non abbastanza in Grecia. Almeno secondo l’ultimo report della Commissione Europea. Il rapporto tra crediti deteriorati e prestiti era al 43,1% a dicembre 2018, contro il 4,2% della media europea e circa il 9% in Italia. Il valore è parecchio elevato anche rispetto all’altro sistema bancario malato dell’Eurozona, quello cipriota, dove gli NPL si assestano al 20,7% rispetto al totale dei prestiti e si è registrata una riduzione record di 13 punti percentuali in 12 mesi. Le prime 4 banche del Paese hanno tutte una percentuale di NPL superiore al 40%, con la Pireus Bank che arriva addirittura al 54,7%.

La pressione delle istituzioni europee sui Paesi in “difetto” rispetto al tema della riduzione dei rischi è enorme, a fronte dell’ambizione di sbloccare le trattative arenate sul meccanismo europeo di assicurazione sui depositi. Eppure, nonostante le reprimende del Commissario Dombrovskis, i dati mostrano come il sistema bancario greco abbia raggiunto risultati notevoli nel 2018, centrando e addirittura superando gli obiettivi molto ambiziosi del piano di dismissione concordato con le autorità comunitarie nel 2016. Infatti gli NPL delle banche greche sono diminuiti del 21% dal picco di 107 miliardi di € di marzo 2016, per la quasi totalità grazie alle dismissioni (16 miliardi) eseguite nel 2018.
A differenza di Italia e Spagna, la maggioranza (il 57%) dei crediti deteriorati greci non riguarda l’immobiliare residenziale ma il credito alle piccole e medie imprese, prevalentemente non garantito. Si tratta insomma di prestiti di dimensione medio-piccola, spesso effettuati nei confronti di imprese oramai defunte o marginali, con una bassa probabilità di recupero (e dunque uno scarso valore di mercato). Un 10% è credito al consumo nei confronti delle famiglie, mentre il 23% sono mutui immobiliari ammalorati. Inoltre il tasso di creazione di nuovi crediti deteriorati resta elevato rispetto al resto d’Europa a causa della ripresa economica anemica: nel 2017-2018 20 miliardi di nuovi crediti deteriorati sono stati registrati nei bilanci bancari, una quantità di poco inferiore a quella degli NPL “curati”, cioè riportati allo status di crediti in bonis.

Il sistema bancario greco ha inoltre una composizione del capitale molto particolare, caratterizzata dall’altissima incidenza dei c.d. crediti fiscali differiti (in gergo DTC – Deferred Tax Credit), pari al 57% del capitale totale. 
I DTC sono una variante dei crediti fiscali condizionali o DTA (deferred Tax Asset), una specifica posta dell’attivo bancario. In parole semplici, i DTA nascono quando le banche pagano più tasse del dovuto nei confronti del governo e vengono autorizzate a compensarli in futuro, se e quando avranno di nuovo dei debiti nei confronti dell’autorità fiscale. Si consideri che in periodi di normalità economica queste poste rappresentano una frazione trascurabile nell’attivo bancario. Tuttavia in periodi di crisi tale voce tende ad assumere dimensione di rilievo al crescere del peso delle sofferenze nel bilancio bancario; infatti le sofferenze qualificano crediti che si sono deteriorati ed i crediti a loro volta derivano da ricavi che le banche non hanno incassato ma su cui hanno pagato le tasse. Di conseguenza su questi ricavi mancati le banche hanno indebitamente trasferito fondi al fisco ed hanno diritto ad un credito fiscale in compensazione. Il credito è però condizionale, cioè può essere effettivamente riscosso in forma di riduzione delle tasse da pagare solo in presenza di un utile d’impresa superiore ad una determinata soglia. Se la banca entra in una spirale negativa e comincia a registrare perdite, è evidente che il valore di questi crediti condizionali si abbassa di molto perché non è chiaro se e quando la banca potrà recuperarli.

Poiché sono crediti fiscali condizionali, i DTA non concorrono a definire il patrimonio di vigilanza della banca (CT1, Core Tier 1) e vanno obbligatoriamente dedotti in sede di bilancio. Di contro, la normativa di Basilea III ammette che vengano considerati al 100% nella formazione del CT1 i crediti fiscali certi (DTC), poiché non sono sottoposti alla condizionalità di avere un conto economico in attivo. La legge 4465/2017 ha previsto la possibilità di convertire i DTA in DTC con smaltimento ammortizzato in 20 anni, creando di fatto del capitale “artificiale” utile a sostenere in maniera decisiva i coefficienti di solidità patrimoniale delle banche greche.

La debolezza e la frammentazione delle dotazioni di capitale ed il continuo rinnovo degli NPL rende la riduzione netta ottenuta nel biennio 2017-2018 per i prestiti al retail (-41%) ed il credito alle imprese (-24%) realmente significativa. Gli acquirenti sono stati i grandi fondi “avvoltoi” specializzati nelle transazioni in crediti deteriorati. Resta bloccata invece la dismissione dei mutui residenziali, che hanno visto solo una riduzione simbolica del 3,2%; secondo la banca centrale greca, la scarsa attrattività di questa tipologia di NPL è determinata dalla presenza di tutele giuridiche ancora “invadenti” a favore di proprietari di prima casa che impediscono la confisca dell’immobile a collaterale. Nonostante l’asfissiante richiesta di “riforme strutturali” al riguardo da parte delle autorità europee, la normativa regge e circa il 30% dei mutui residenziali è bloccato dalle tutele legali e dunque non è adatto ad essere collocato sul mercato.

Il programma standard prevede per il 2019 una riduzione netta di NPL per ulteriori 17 miliardi con l’obiettivo di raggiungere il valore assoluto di 64,6 miliardi con un rapporto NPL/prestiti totali del 35,2%. Centrare questo risultato sarebbe già oltremodo lusinghiero, tenendo conto che probabilmente la parte più “appetibile” per gli investitori internazionali è stata già ceduta e resta da gestire il problema irrisolto dei mutui residenziali. Ma i vecchi obiettivi non sembrano adeguati al clima attuale di urgenza dettato dall’agenda politica dell’Eurozona: a novembre la banca centrale greca ha espressamente indicato un nuovo e più stringente target al di sotto del 10% per il 2021. Dati alla mano, questo corrisponderebbe a riduzioni nette per 22 miliardi l’anno a partire già dal 2019.
Lo scetticismo sulla capacità del sistema bancario e giudiziario greco di raggiungere questi obiettivi è esplicito anche ai più alti livelli politici. Si rende dunque necessario il ricorso a strumenti di finanza strutturata di “emergenza”, che hanno parecchie similarità con quanto già sperimentato in Irlanda, Spagna ed Italia nel recente passato. Nelle ultime settimane sono emerse 2 proposte distinte da banca centrale e ministero del Tesoro: la prima prevede la cessione di almeno metà dell’ammontare residuo di NPL ad un veicolo, la cui struttura di capitale verrebbe rafforzata dal conferimento di una quota equivalente di DTC. Un’ulteriore garanzia sarebbe fornita dalla trasformazione dei DTC in veri e propri crediti verso la Stato con scadenza predeterminata. Il veicolo raccoglierebbe fondi emettendo tranches di titoli cartolarizzati con merito di credito differenziato; le tranches più rischiose sarebbe sottoscritte dalle banche beneficiarie – per un massimo del 20% – e dal governo greco.

In altri termini, il meccanismo di cartolarizzazione consentirebbe lo stralcio degli NPL necessari a raggiungere gli obiettivi prefissati dalle istituzioni europee al costo di un considerevole trasferimento di rischio in capo al governo greco e ad altre poste dei bilanci bancari. In ogni caso la manovra richiederebbe ulteriori iniezioni di nuovo capitale per compensare la riduzione di DTC.
Il secondo progetto, proposto dal Ministero del Tesoro, prevedrebbe la creazione di veicoli multipli, uno per ciascuna banca, a cui vorrebbero conferite significative quote di NPL; il veicolo provvederebbe alla cartolarizzazione dei crediti supportato dalla garanzia governativa sulle tranches senior, le meno rischiose. A meno dei dettagli tecnici, la proposta – meno impegnativa per il governo – è assimilabile allo schema di garanzie GACS proposto dal governo italiano nel 2016, che ha avuto un buon successo nell’agevolare il collocamento dei titoli cartolarizzati dai veicoli.

Contro ogni aspettativa, l’economia greca si continua a mostrare straordinariamente resiliente: la normalizzazione del saldo delle partite correnti, il rientro dei capitali testimoniato dalla riduzione spettacolare del saldo Target2 (da -60 miliardi a -20 in 1 anno) ed il ritorno ad una pur modesta crescita del PIL nonostante l’obbligo di avanzi primari del 3,5% lo testimoniano. Le banche greche stanno facendo uno sforzo enorme per liberarsi del macigno tremendo di oltre 100 miliardi di crediti deteriorati. Ma, come fin troppo spesso è accaduto negli ultimi anni, sembra che per le istituzioni europee ogni sforzo non sia mai abbastanza. Il nuovo set di garanzie su prestiti ad alto rischio di cui si farà carico il governo greco renderà sempre più remota la possibilità di un allentamento fiscale più che mai necessario.


Autore: Marcello Minenna
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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