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Pagamenti, il ritardo resta alto. Ma il fintech aiuta

Si allungano i tempi d’incasso delle fatture, si abbassa quindi la liquidità delle aziende che, a loro volta, tendono a ritardare ulteriormente i pagamenti, aumentando il rischio di credito commerciale e innescando un effetto domino che porta, ancora una volta, l’Italia in coda alla classifica europea. Il Dso (Days sales outstanding, ossia i giorni di vendite in sospeso), ovvero l’indice che misura i giorni medi per l’incasso del credito, in Italia resta il più alto in Europa occidentale, con 74 giorni contro la media di 44 giorni, sebbene ci sia un calo rispetto agli 85 giorni dello scorso anno. Un miglioramento legato a dilazioni di pagamento più brevi concesse dai fornitori e a ritardi di pagamento, da parte dei clienti, comunque più contenuti rispetto a un anno fa. Resta comunque stabile al 43,9% la percentuale di fatture insolute alla scadenza. Tuttavia, sulle previsioni di tendenza del Dso per i prossimi 12 mesi, il 61,0% degli imprenditori italiani ha affermato che non stima cambiamenti sensibili, mentre il 22,6% prevede un aumento, e solo il 16,4% si aspetta una riduzione. A certificare la disfatta italiana è il «Barometro Atradius», sondaggio annuale condotto da Atradius, gruppo specializzato nel settore dell’assicurazione del credito commerciale, tra circa 3 mila aziende fornitrici di 13 paesi dell’Europa Occidentale. I risultati evidenziano, per l’Italia, la più alta percentuale di aziende che lamenta impatti negativi sulla propria attività derivanti dai ritardi di pagamento da parte dei clienti. Per tamponare gli effetti derivanti dal mancato rispetto delle tempistiche di pagamento su fatture commerciali, il 21,6% delle aziende italiane è stato costretto ad adottare contromisure specifiche per correggere il flusso di cassa e a ritardare i pagamenti nei confronti dei propri fornitori, mentre il 18,4% ha dovuto richiedere un’estensione dello scoperto di conto bancario. Nel 2018, l’87,2% delle imprese italiane ha riferito ritardi di pagamento su fatture commerciali, una percentuale in linea con la media per l’Europa occidentale, e rimasta stabile rispetto al 2017 (86,7%). A pesare di più sono stati i ritardi di fatture sul mercato domestico più che l’export (come riferito dal 91,1% degli intervistati rispetto all’83,3%). Stabile al 43,9% anche il volume complessivo di fatture commerciali ancora insolute alla scadenza contrattuale (era del 43,1% nel 2017). La causa principale dei ritardi di pagamento in Italia è la carenza di liquidità, come riferito dal 63,6% delle aziende. Stessa motivazione è stata riferita dal 31,6% degli intervistati in relazione a fatture all’export. Al secondo posto come motivazione alla base dei ritardi di pagamento, più frequentemente riscontrata sul mercato domestico italiano e indicata dal 21,6%i, è l’utilizzo da parte dei clienti delle fatture insolute quale forma alternativa di finanziamento. Viceversa, la complessità delle procedure di pagamento a livello transnazionale è il motivo principale alla base dei ritardi di pagamento su fatture all’export, come riferito dal 30,7% degli intervistati. Per la maggior parte delle aziende italiane, i ritardi di pagamento su fatture commerciali hanno avuto ripercussioni negative sull’attività di impresa: il 21,6% ha affermato di essere stato costretto a pagare in ritardo i propri fornitori, e una stessa percentuale di avere dovuto attuare misure specifiche per correggere il flusso di cassa.


Fonte:

Italia Oggi

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