Dalla Redazione Fintech

Fintech: Roboadvisory e Credit Management

Introduzione
Sono passati circa 10 anni da quanto, a ridosso dell’ultima crisi finanziaria, i primi robo advisor hanno fatto la loro comparsa negli Stati Uniti; è dunque possibile provare a trarre qualche considerazione su come questo segmento del wealth management si sia sviluppato fino ad oggi e sulle possibili prospettive per il futuro.
Partendo dall’analisi letterale del nome, esso deriva dalla disintermediazione (robot che sostituisce human), nei confronti dei consulenti finanziari (advisor) e gestori di patrimoni tradizionali, delle attività di profilazione dei clienti e di composizione dei portafogli obbiettivo, operata attraverso l’impiego di piattaforme web che utilizzano algoritmi matematici per determinare l’asset allocation ottimale. In pratica, invece di rivolgersi al consulente o gestore di fiducia, per selezionare la strategia d’investimento più opportuna, i clienti possono descrivere il proprio profilo di rischio e comunicare i propri obbiettivi, compilando dei form on line, successivamente la strategia d’investimento sarà elaborata in modo automatizzato con ricorso all’intervento umano molto limitato o nullo.
È abbastanza evidente come questo tipo d’impostazione consenta di ridurre in modo significativo i costi di consulenza e gestione e, di conseguenza, abbassare le commissioni applicate ai clienti senza intaccare necessariamente la qualità della gestione.
L’esperienza del Roboadvisory costituisce un interessante laboratorio al quale il mondo del credit management guarda sempre con maggior interesse, soprattutto con riferimento alle potenzialità dell’automazione nel rapporto con la clientela e all’applicazione di intelligenza artificiale e machine learning ai modelli previsionali.

I diversi modelli
Secondo una classificazione resa celebre da PwC, esistono 4 modelli di robo advisor, uno indipendente dai gruppi bancari, che si configura quindi come “advisor indipendente” e altri 3 che in qualche modo sono collegati a gruppi finanziari preesistenti e possono operare:

  1. come divisioni indipendenti, strutturandosi quindi come Roboadvisory segregato;
  2. come struttura pienamente integrata all’interno del gruppo bancario;
  3. come supporto alla rete di consulenti nella formula nota come Robo-4-Advisor.

Come testimoniato dall’esperienza statunitense, il rovescio della medaglia del carattere disruptive di un sistema che grazie alla tecnologia riesce ad offrire servizi di qualità elevata a costi molto contenuti, è costituito dai ridotti margini di profitto, che dunque necessitano di una certa massa critica per superare il break even point.
Le strade per ovviare a questa criticità passano dal raggiungimento di accordi di partnership con gruppi finanziari incumbent, per ridurre i costi di acquisizione di nuovi clienti e rendere più veloce la crescita delle masse, oppure dalla strategia di integrazione tra consulenza e gestione, con focus su segmenti di clientela con patrimoni più consistenti, al fine di fornire al cliente finale un servizio di completo, con commissioni molto vantaggiose rispetto agli operatori tradizionali.
In generale è possibile affermare questo tipo di tecnologia giocherà un ruolo fondamentale nel futuro del wealth management, non solo per la componente veicolata dai nuovi operatori, ma anche perché gli operatori finanziari tradizionali saranno costretti ad aggiornare la propria offerta per tenere il passo rispetto alle innovazioni promosse dal mondo FinTech.

L’esperienza degli Stati Uniti
Secondo una recente analisi elaborata da Morningstar, negli Stati Uniti al momento la sfida è stata vinta dai grandi gruppi finanziari, che sono riusciti a reagire per tempo alla concorrenza dei piccoli operatori innovativi mantenendo la leadership anche nell’acquisizione di nuove masse gestite.
La prospettiva iniziale di rivoluzionare e “democratizzare” il wealth management si è scontrata nel tempo con le criticità derivanti da un settore con margini molto ridotti ed elevati costi di acquisizione di nuovi clienti. Collocandosi a metà strada tra i broker e gli asset manager, i robo advisor non hanno potuto beneficiare né delle economie di scala conseguite tipicamente dai primi, né dei margini di profitto che i secondi riescono a conseguire mediante diversificazione di prodotto.
Tra il 2014 e il 2017, i grandi gruppi come Vanguard sono riusciti a raccogliere attivi per una consistenza oltre 10 volte superiore a quella dei pionieri come Wealthfront e Personal Capital. Dunque, in una sorta di “selezione naturale” gli operatori più grandi entrando nel nuovo segmento della “consulenza automatizzata” hanno raccolto volumi significativi e talvolta cannibalizzato i player più piccoli.

Uno sguardo all’Italia
In Italia il Robo Advisory è presente fin dal 2011 con i contributi pionieristici di AdviseOnly e Money Farm ed ha raggiunto un livello di diffusione significativo per un paese che generalmente non brilla per alfabetizzazione informatica ed apertura verso le innovazioni tecnologiche: secondo un’indagine realizzata da Legg Mason lo scorso anno, il 21% degli italiani utilizza un servizio di questo tipo. Non è una cifra da poco se si considera che gli USA sono al 27% la Spagna al 17% e Francia e Germania all’11%.
Per dare un’idea dell’accelerazione che caratterizza questi fenomeni, si può evidenziare come ancora nell’aprile 2015 dall’indagine “Robo Advisory VS Human Advisory” realizzata da PwC e Professione Finanza il 29% dei promotori intervistati non avesse mai sentito la parola robo advisor, mentre il 96% riteneva che meno di 1/10 dei propri clienti utilizzasse servizi di questo tipo.
Nel nostro paese prevalgono gli operatori indipendenti dai grandi gruppi bancari che, rispetto agli Stati Uniti, stanno reagendo al fenomeno con ritardo ed in modo meno incisivo.
L’offerta appare variegata spaziando dalla consulenza pura, per i clienti che vogliono riservarsi dei margini di discrezionalità, alle gestioni patrimoniali, nelle quali la delega nei confronti del gestore è integrale.
AdviseOnly, la piattaforma web realizzata da Virtual B, è stata tra i primi robo advisor in Europa, ha deciso di non includere il money management tra i propri servizi e di conseguenza si configura come advisor puro e non come intermediario finanziario regolamentato. Per la clientela retail sono disponibili una serie di portafogli costruiti con una logica di obbiettivo o di tipo tematico e un blog con finalità educative e informative. Sul versante business si segnalano le partnership:

  • con CheBanca! per la realizzazione di YellowAdvice, prima
    iniziativa roboadvisor realizzata da una banca retail;
  • con Banca Ifigest per la realizzazione di Fundstore, marketplace
    per l’acquisto on line di fondi comuni
  • con Zenit Sgr per la realizzazione di PensaciOggi, fondo
    comune d’investimento orientato ai settori innovativi e ai
    principali megatrend

Diverso l’approccio di Moneyfarm, altro player rilevante partito nel 2011, che fin dal principio ha deciso di puntare anche sulle gestioni patrimoniali. I clienti possono aprire un conto on line e realizzare diversi portafogli simulati, selezionando orizzonte temporale, profilo di rischio e obbiettivo dell’investimento.
Successivamente sarà possibile realizzare concretamente gli investimenti alimentando il conto mediante bonifico. Le formule disponibili prevedono:

  • la gestione patrimoniale, nella quale il portafoglio viene ribilanciato in modo automatico secondo le risultanze degli algoritmi che presiedono alla logica dell’investimento
  • la consulenza con ricezione ordini, nella quale i clienti ricevono delle proposte di ribilanciamento che per diventare effettive necessitano di autorizzazione

Ultimo in ordine di tempo è Euclidea, società operativa dal 2017, che ha deciso di posizionarsi sulle gestioni patrimoniali con portafogli che a differenza di altri robot advisor, includono i fondi attivi oltre agli ETF.
Anche dal lato dei servizi offerti Euclidea è innovativa e offre al cliente una soluzione d’investimento totalmente digitale e una con interazione umana, come Betterment a New York, con costi ovviamente diversi.
I servizi offerti includono:

  • Digital Private Banking, che prevede la creazione e gestione del portafoglio tramite piattaforma digitale on line, con elevato livello di personalizzazione che garantisce al cliente un investimento che risponda ai suoi reali obiettivi finanziari.
  • Digital Wealth Management, gestione di patrimoni complessi che coniuga il supporto di professionisti specializzati e dedicati al cliente con la tecnologia proprietaria che consente un’analisi su tutto il patrimonio del cliente

Tra le iniziative di consulenza automatizzata promosse da gruppi e intermediari incombente oltre alle già citate YellowAdvice e Fundstore, si segnalano:

  • Robobox, sviluppato da OnlineSim del gruppo Ersel, tra i primi marketplace per l’acquisto on line di fondi comuni ed ETF
  • MyMoneyCouch, sviluppato da ING Direct per assistere la propria clientela nella selezione di soluzioni di risparmio gestito
  • ETFMatic, applicazione per investimento in ETF attiva in 32 paesi tra cui l’Italia

SelfieWealth, operatore attivo nella consulenza pura, senza formule di risparmio gestito o amministrato.
Provando a schematizzare osserviamo che le attività dove l’uomo appare meno sostituibile includono alcuni passaggi della relazione con la clientela, la validazione delle scelte di portafoglio suggerite dagli algoritmi e la calibrazione e manutenzione dei modelli finanziari. Viceversa si osserva un’automazione sempre maggiore nella raccolta dati per la profilazione della clientela, nell’analisi quantitativa delle performance storiche di fondi e nell’elaborazione di scenari predittivi sull’evoluzione delle principali variabili economiche.
Per concludere l’ingresso nel mercato dei robo advisor si configura già oggi come elemento di rottura che modificherà in maniera irreversibile le modalità attraverso le quali la consulenza finanziaria e la gestione patrimoniale vengono organizzati e veicolati nei confronti della clientela. Per quanto una certa componente “umana” sia probabilmente ineliminabile, è abbastanza evidente che tutti i passaggi “meccanici”, possano e debbano essere svolti sempre più in modo automatico, in modo da consentire ai professionisti della consulenza finanziaria di dedicarsi alle attività a più alto valore aggiunto. Le applicazioni già testate sul Wealth Management costituiscono anche un utile laboratorio per gli operatori interessati a perseguire guadagni di efficienza nel credit management mediante progressiva automazione del rapporto con i clienti e miglioramento dei modelli previsionali grazie alle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale.

Il rapporto tra FinTech e Credit Management sarà oggetto di dibattito della SESSIONE 3 del CVFINTECHDAY che si terrà a Milano presso il Crowne Plaza Hotel di San Donato Milanese il prossimo 21 novembre.

Per maggiori informazioni sulla giornata e per l’agenda visita https://creditvillage.news/fintechday/