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Doppia mossa sulle Gacs: via libera a Mps, chiesta alla Ue la proroga fino a marzo 2019

Sul tavolo del ministro dell’Economia Giovanni Tria arriva anche il dossier banche, e produce subito una doppia mossa sulle Gacs. Il decreto che concede la garanzia pubblica alla tranche senior degli Npl di Monte dei Paschi è stato firmato, ed è ora alla Corte dei conti per la (rapida) registrazione di rito. E ieri è stata notificata alla Dg competition della commissione europea anche la richiesta per la seconda proroga della finestra utile, ora in scadenza il 6 settembre, a concedere l’ombrello statale alle cessioni di crediti deteriorati, oggi attivabile fino al 6 settembre. La richiesta, molto attesa dal mondo bancario dopo l’avvio dei contatti tecnici avviati fra Roma e Bruxelles nelle scorse settimane (Il Sole 24 Ore dell’11 maggio), sulla carta non presenta problemi di recepimento, perché il secondo tempo è previsto dallo stesso calendario originario delle Gacs. Anche se la vicenda si infila in un confronto complicato sulle regole bancarie che sta salendo di temperatura.
A Siena, la garanzia statale è uno snodo cruciale della maxi-cartolarizzazione da 24,1 miliardi messa in piedi a maggio da Rocca Salimbeni per rimettere in ordine i propri conti. La Gacs riguarda ovviamente la tranche senior, da 2,92 miliardi, che pagherà una cedola pari all’Euribor a tre mesi più un premio di 150 punti base in un meccanismo chiamato anche a ripagare al Tesoro i costi dell’assicurazione. Dopo il Monte dovrebbe essere la volta di Iccrea, che ha raccolto in un pacchetto Npl per un miliardo da 20 banche di credito cooperativo e due istituti del gruppo e punta al via libera dal ministero dell’Economia entro le prossime settimane.
La lista d’attesa, però, è decisamente più lunga, e le aspettative sulle Gacs incrociano dossier complessivi intorno ai 30 miliardi (Il Sole 24 Ore del 13 giugno) su cui sono al lavoro molti big del credito italiano: Banco Bpm ha appena costruito una cartolarizzazione da 5,1 miliardi lordi, e in pista ci sono anche UniCredit, Intesa, Ubi, Carige e la Popolare dell’Emilia Romagna solo per citare i nomi più pesanti. Per molti, le possibilità di portare al traguardo le operazioni in costruzione dipendono appunto dagli altri sei mesi aggiuntivi che il Mef sta per chiedere in via ufficiale alla Dg competition.
La «riduzione» dei rischi prima di una loro maggiore «condivisione» è del resto uno dei filoni che più sta agitando il dibattito sull’unione bancaria, con tanto di minacce di veto agitate dall’Italia prima del consiglio europeo che la settimana scorsa ha di fatto rinviato il tema a dicembre. E i numeri dicono che dal canto loro le banche italiane hanno risposto, lavorando quest’anno a cessioni per oltre 60 miliardi di euro dopo i 46 miliardi realizzati l’anno scorso. In quest’ottica, il «sì» di Bruxelles a una seconda proroga di sei mesi, quindi fino a marzo 2019, aiuterebbe parecchio. Tanto più che le stesse regole europee sulle garanzie statali contemplano i sei mesi aggiuntivi dopo il primo anno “supplementare”, mentre resta tutta da esplorare la possibilità di estendere le garanzie anche ai crediti unlikely to pay.


Autore: Gianni Trovati
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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