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Idea Fondi di credito per ripulire dagli Npl i bilanci delle banche

Tra le implicazioni negative della crisi finanziaria assume specifico rilievo l’ingente quantitativo di crediti deteriorati, causati soprattutto dalle difficoltà incontrate dagli operatori in un mercato divenuto particolarmente rischioso.Ne è derivato un aggravio alle gestioni bancarie, cui si ricollegano ostacoli di vario genere nell’adozione di strategie volte a evitare perdite patrimoniali. E anche ritardi nel ripristino di condizioni che consentano di dar corso ad un ampliamento operativo e, dunque, al conseguimento di elevati livelli di profittabilità. È uno scenario la cui complessità è alla base di specifici interventi della autorità di settore europea e nazionale. Significativi, in proposito, sono le linee guida per le banche sugli Npl e l’addendum a tali linee guida emanate dalla Bce nel 2017 e nel 2018, rivolti a ridurre l’impatto negativo sul credito bancario all’economia dei crediti deteriorati. Rileva, altresì, la proposta di direttiva formulata dalla Commissione Ue (135 final 118/0063) destinata ad incidere sulle tecniche di recupero di tali crediti introducendo un regime comune relativo alle società di gestione dei medesimi e, in particolare, disciplinando l’accesso all’attività di acquisto del credito sul mercato secondario» Con riguardo alla regolazione domestica vengono in considerazione le Linee Guida per le banche Less Significant italiane in materia di gestione di crediti deteriorati, disposte dalla Banca d’Italia nel 2017 e, più di recente, il provvedimento 16 marzo 2018 di quest’ultima (documento di consultazione relativo alla «Disciplina degli investimenti in immobili delle banche e degli immobili acquisiti per recupero crediti»). Si prescinde, in questa sede, dall’approfondimento delle cause che hanno interagito negativamente su una realtà resa precaria dagli eventi di crisi; cause riconducibili in via prevalente ai comportamenti degli intermediari bancari, i quali hanno valutato inadeguatamente il «merito creditizio », disattendendo le regole che impongono il perseguimento della «sana e prudente gestione», di cui all’art. 5 del Testo unico bancario. Per converso, ciò che qui ci occupa è l’identificazione di forme tecniche idonee a facilitare una pronta dismissione degli Npl, sottraendo le banche ai rischi di un eccessivo immobilizzo degli attivi. Ho riguardo, in particolare, alla possibile ristrutturazione dei crediti deteriorati e, dunque, al complesso dei rimedi contrattuali (vale a dire cartolarizzazioni, cessioni pro soluto, fondi di crediti e Sicaf), praticabili dagli intermediari al fine di realizzare la riduzione dell’ammontare dei crediti suddetti.

 

L’analisi di tali rimedi evidenzia differenti capacità di recupero degli strumenti in parola, consentendo opzioni consapevoli delle distinte conseguenze ai medesimi ricollegabili. Gli intermediari si trovano, infatti, di fronte all’alternativa di conseguire una pronta acquisizione di una parte, per vero molto ridotta, degli impieghi effettuati (è il caso delle cessioni pro soluto e delle cartolarizzazioni) ovvero di effettuare una innovativa forma di gestione degli NPLs, demandata ad organismi specializzati in negoziazioni di mercato preordinate al loro recupero (è il caso dei fondi di credito e delle Sicaf eterogestite). Le operazioni suddette producono l’effetto benefico di consentire una immediata e definitiva cancellazione degli Npl dai bilanci e, dunque, una liberazione di capitale ai fini del rispetto delle «regole di Basilea», oltre ad una positiva riduzione degli oneri fiscali. Nel caso di cessioni e cartolarizzazioni, in contropartita le banche sono costrette ad accettare significative percentuali di riduzione sul nominale dei crediti da esse erogati; riduzione che, per i chirografari, si risolve in un sostanziale azzeramento degli stessi (essendo valutati al più il 3-4 % dell’ammontare). È evidente come, in questo caso, l’operazione appare poco vantaggiosa per la banca, la quale se non ha per tempo effettuato una corretta classificazione dei crediti in parola – dovrà affrontare gli squilibri connessi a tale rilevante cambiamento della propria posizione economico patrimoniale (per cui si rende, in molti casi, indispensabile un’adeguata ricapitalizzazione). Nella differente ipotesi della costituzione di fondi comuni d’investimento destinati alla gestione di non performing loans, le banche conseguono ricavi dalla dismissione delle posizioni debitorie più favorevoli rispetto a quelli consentiti dalle operazioni in precedenza esaminate. Al riguardo, denota peculiare importanza la tipologia degli Oicr ad apporto – applicabile anche ai crediti chirografari, oltre che a quelli ipotecari – nella quale gli enti creditizi, che cedono gli Npl, possono avvalersi di uno schema procedimentale che ne preserva in ampia parte il valore. In particolare, rilevano una più congrua valutazione degli asset da parte di ‘periti indipendenti’ (cui, in tali fattispecie operative, compete la stima dei crediti) e la certezza di un’affidabile attività di dismissione, curata da un servicer (per solito un intermediario non bancario ex art. 106 tub e dunque sottoposto a vigilanza) che deve conformare il proprio agere alle previsioni normative del regolamento del fondo. Da segnalare che la trasformazione dei crediti deteriorati in quote partecipative negli Oicr è fonte di profittabilità per le banche, alle quali viene (per tal via) redistribuito il rendimento delle gestioni; quest’ultimo sommato al valore di apporto degli Npl consentirà, in numerosi casi, recuperi finali che non si discostano in modo notevole dai dati di iscrizione in bilancio dei medesimi. Analoghe considerazioni possono farsi anche con riferimento alla gestione degli Npl effettuata dalle Sicaf, figure riconducibili agli Oicr ‘chiusi’, strutturate in forma di società per azioni. Si è in presenza, dunque, di veicoli di investimento che sono disciplinati in via primaria, oltre che dal codice civile, dagli artt. 35 – bis e seguenti del tuf e, in via secondaria, dal ‘Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio’ adottato dalla Banca d’Italia (Provvedimento del 19 gennaio 2015). È evidente come gli strumenti dianzi richiamati offrono alle banche differenziate possibilità di recupero dei crediti deteriorati, inducendo a guardare con favore le tecniche di gestione esternalizzata degli Npl. In tal senso orientano la recente iniziativa della Banca d’Italia volta a semplificare lo smobilizzo dei crediti ipotecari degli enti creditizi, nonché la sicurezza procedimentale e le tutele previste dalla nominata proposta di direttiva della Commissione europea, nella quale in subiecta materia viene riconosciuto un importante ruolo alle società di servicing (cui si impone di «dotarsi di misure e procedure di controllo interne adeguate »). Tale convincimento è avvalorato, inoltre, dal fatto che – a fronte di un deconsolidamento contabile immediato – anche i soci delle banche potranno limitare le proprie perdite in quanto è consentito ad essi di intercettare parte dei più elevati livelli di recupero realizzati grazie alla professionalità di operatori specializzati.


Autore: Francesco Capriglione
Fonte:

Repubblica

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