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Carige, sì dei soci all’aumento in opzione

L’assemblea degli azionisti di Carige ha dato il via libera al cda per l’aumento di capitale da 560 milioni, approvando, col 90,6% dei voti favorevoli, la linea dettata da Malacalza Investimenti, azionista di riferimento della banca (col 17,58%), che ha proposto (e ottenuto) che sia eseguito esclusivamente in via scindibile mediante offerta di opzione ai soci. Il consiglio, da parte sua, aveva previsto la medesima linea aggiungendo, in subordine, la possibilità (cassata ieri dagli azionisti) di procedere, in caso di eventi straordinari, in via inscindibile e con esclusione o limitazione del diritto di opzione.

Nel corso dell’assemblea, peraltro, sono emersi in modo chiaro «i paletti», come li ha definiti l’ad Paolo Fiorentino, che Bce ha posto accordando, mercoledì sera, il via libera al piano di rafforzamento patrimoniale di Carige. Paletti che si concretizzano, in primis, nella necessità di realizzare tutti e tre i pilastri del programma indicato dal cda: conversione di obbligazioni, aumento di capitale e cessioni di asset, ma anche con indicazioni temporali ben precise.

Francoforte ha chiesto, infatti, ha spiegato Fiorentino, che entro il 31 dicembre 2017 sia deliberato, sottoscritto e regolato un aumento di almeno 500 milioni (la banca ha votato ieri una ricapitalizzazione da 560 milioni, dei quali 500 di new equity e 60 da destinarsi ai portatori di titoli subordinati che abbiano aderito a una precedente operazione di Lme), indicando che «in mancanza è altrimenti probabile una violazione dei requisiti patrimoniali secondo il piano» predisposto da Carige.

Ma la Bce ha anche precisato, ha proseguito l’ad, che «qualora l’impatto positivo dell’operazione di Lme non risultasse in linea con quanto rappresentato all’Autorità di vigilanza, la banca dovrà presentare un piano di rafforzamento patrimoniale entro 31 marzo 2018». Per l’Lme ha chiarito Fiorentino, «la Bce ci ha dato l’autorizzazione alla riduzione di fondi propri con la sostituzione di strumenti di capitale aggiuntivi di classe Tier 1 (un bond) e Tier 2 (tre bond) per un valore aggregato di 510 milioni, con Tier 1 del valore nominale di 160 milioni (perpetual) e i Tier 2 del valore nominale di 100 (con scadenza 2018), 50 (2020) e 200 milioni (2020), con azioni ordinarie di nuova emissione classificabili come strumenti ordinari di capitale di classe 1, a condizione che l’emissione non sia inferiore a 305 milioni». Questo ammontare è «da ricomprendere e non va aggiunto ai 560 milioni di aumento di capitale. La riduzione dei fondi propri avverrà a seguito della conversione di strumenti subordinati in titoli senior», i termini dei quali sono stati stabiliti nella serata di ieri, nel corso di un cda convocato ad hoc, che ha anche fissato per oggi pomeriggio l’avvio dell’operazione di Lme. Questa, dati i tempi per l’aumento imposti dalla Bce, dovrebbe chiudersi, ha detto Fiorentino, «entro fine ottobre o inizio novembre».

Qualora l’aumento di capitale non andasse a buon fine, ha affermato Fiorentino, «è evidente che la banca non riuscirà a rispettare i parametri, per cui dovremo prendere la valigia e andare a Francoforte a discutere il futuro di Carige». Ove vi fosse qualche intoppo «all’iter tracciato, capiremo quali possono esser le alternative ma al momento andiamo dritti sulla nostra strada, con l’operazione di Lme che precede l’aumento». Se però tutto andrà come deve, ha sottolineato l’ad, «volteremo l’ultima pagina di una storia travagliata e saremo la prima banca in Europa a rimettersi in piedi contando solo sulle proprie forze, senza iuti esterni».

Riguardo agli asset posti in vendita da Carige, Fiorentino ha detto che si aspetta di raggiungere «un prezzo a tre cifre» con la vendita dell’immobile di Milano in corso Vittorio Emanuele, per il quale, secondo indiscrezioni, la banca ha ricevuto proposte non vincolanti intorno ai 105-107 milioni. L’ad ha anche detto che la quota (20%) di Carige in Autostrada dei Fiori «non è strategica e quindi potrà essere dismessa».

La proposta di aumento di capitale solo in opzione, passata dietro richiesta di Malacalza Investimenti, ha detto Vittorio Malacalza, è a favore dei «piccoli azionisti che hanno camminato e sofferto» con la banca; «l’ho difesa dal primo momento, ho difeso il diritto che ognuno ha di fare l’aumento. Ora il piccolo azionista ha il diritto di dirmi: “la banca mi ha stufato, non sottoscrivo più azioni”, oppure: “vado avanti”».

La proposta dell’azionista, ha detto, da parte sua, il presidente di Carige, Giuseppe Tesauro, «è una mera precisazione di quella formulata dal cda. Non vedo una contrapposizione tra le proposte. L’attribuzione della opzione è coerente e rispetta la fisionomia della banca e tutti i soci della banca che in questi anni hanno partecipato agli aumenti di capitale».

Prima dell’aumento, votato in sessione straordinaria, l’assemblea, in sede ordinaria, ha riapprovato (col 99,2% dei voti) il bilancio 2013, modificato dopo l’impugnazione di Consob, e ha nominato sei consiglieri (compreso Fiorentino) che erano stati già cooptati negli ultimi mesi (l’ok è arrivato dal 98,3% dei votanti).


Autore: Raul de Forcade
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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