Dalla Redazione

Cessione del quinto sotto accusa, quali le insidie?

La crisi economica ha portato sempre più famiglie a dover chiedere un prestito anche per le spese quotidiane, molte si sono rivolte, avendo poche garanzie da mostrare alle banche, alla cessione del quinto dello stipendio o della pensione. Si tratta infatti di una forma di finanziamento dedicata ai dipendenti, in particolare ai dipendenti statali. La formula di fatto è a rischio zero per chi concede il credito ed è molto gradita delle banche. La rata viene scalata direttamente dalla busta paga (o dalla pensione) e a fare da garante è lo stesso garantire datore di lavoro. Il paradosso è che nonostante la rischiosità sia davvero molto bassa, il cliente spesso finisce per pagare interessi alti, con picchi che arrivano a superare addirittura il 20% per il tasso reale. Ecco che allora da pianificazione strategica la cessione del quinto diviene un ‘cappio al collo’ per molte famiglie e porta alcune di essere a sovraindebitarsi ulteriormente. A testimoniare il malcontento delle famiglie e le insidie intrinseche nello strumento la valanga di ricorsi che ogni anno arriva davanti all’Arbitro bancario e finanziario.  E i dati parlano di un tend in continua crescita, infatti, se nel 2015 i ricorsi sulla Cessione del quinto sono stati il 54% dei contenziosi complessivi, nel 2016 sono saliti al 70%.  Banca d’Italia è ormai intervenuta diverse volte e si attende che a breve detti delle linee guida sulla Cessione del credito più virtuose per banche e finanziarie. 

 Quali le insidie più comuni?

Almeno tre le trappole maggiori della cessione del quinto, tra queste:

  1. Quella più comune è relativa alle polizze assicurative,  racconta Alessandro Pontremoli, avvocato di Assoprotect, associazione a tutela dei consumatori . Queste rischiano di far lievitare il tasso d’interesse reale anche sopra le due cifre, in quanto al cliente viene fatta sottoscrivere un’assicurazione che tutela da rischi vita e impiego, ma spesso queste polizze arrivano a cifre esorbitanti. Portando poi il tasso d’interesse reale, da pagare effettivamente, ad essere ben più alto di quello scritto sul contratto, dal momento che questo non conteggia le spese accessorie. Banca d’Italia in realtà già nel 2010 aveva messo dei paletti a questa pratica ma non sempre sono stati rispettati. Lo scorso aprile la Cassazione ha emesso una sentenza che potrebbe mettere definitivamente un freno a questo modo di operare. Il giudice ha, infatti, stabilito che l’assicurazione conta al fine del calcolo del tasso effettivo (Taeg o Teg). «Si tratta di una sentenza che è retroattiva e che quindi potrebbe tirare in ballo contratti degli anni passati perché la legge che recepisce questi principi è del 1996» dice Pontremoli. 
  2. Un’altra trappola sta nell’estinzione anticipata del prestito e della polizza. La giurisprudenza in linea di massima sostiene che la parte del premio non goduta vada restituita, ma spesso Banche e finanziarie non seguono tale direttiva
  3. C’è poi la giungla di provvigioni e di commissioni di intermediazione che portano il prestito a lievitare nei costi molto più di quello che il cliente si aspettava.  Solo per fare un esempio di un caso esposto dinanzi all’Arbitro bancario: prestito richiesto inizialmente 10.816, il cliente che ha fatto ricorso ne ha restituiti 24.360 in tutto. In questi 24.360 euro erano compresi:
  • 4000 euro di commissioni cessionario,
  • 1400 di commissioni per il mediatore creditizio e
  • 2250 euro di polizza (il Tan era solo: 5,6% alla firma, ma il Taeg invece arrivava al 21%).  

Per questa ragione sebbene la cessione del quinto resti uno degli strumenti creditizi più sicuri e maggiormente usati è sempre bene leggere tutte le clausole e tutte le voci di costo del finanziamento, per non trovarsi impreparati dinanzi a costi accessori.

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