Scelti per voi

Crediti deteriorati, Dino Crivellari: parziale remissione dei debiti per salvare le famiglie

Ogni mattina alcuni milioni di italiani si svegliano e sanno che dovranno correre più veloci di una società di recupero crediti. La crisi bancaria nasconde dietro una cortina di ipocriti anglismi un lacerante dramma sociale. La classe dirigente a stipendio fisso – mentre i grandi banchieri con fisso più bonus disegnano fallimentari arabeschi strategici – finge di non vedere. Nei 200 miliardi di crediti inesigibili, detti in gergo ‘sofferenze lorde’, ci sono anche un milione di famiglie, insolventi per un decimo del totale cifra. In media ciascuno di loro è “sofferente” per 20 mila euro.

Quel credito è già svalutato dalla banca, quindi pesa nei bilanci degli istituti non più di 8-9 mila euro. Se si prendono in considerazione tutti i crediti deteriorati, cioè le sofferenze più le posizioni difficili ma con residue speranze di recupero, si arriva a 326 miliardi lordi, e la platea delle famiglie coinvolte sale a un milione mezzo. Contando mariti, mogli, figli e prestatori di garanzia vari, si sale fino a cinque milioni di persone che vivono con l’incubo del debito. Nella maggior parte dei casi hanno perso il lavoro e non riescono più a pagare le rate del mutuo. Il mutuo casa rappresenta una frazione del monte totale dei crediti deteriorati, 26 miliardi su 326. Nel solo 2016 sono almeno 240 mila le famiglie che hanno perso la casa per questa ragione. Poi c’è l’inferno delle piccole imprese che sono andate in difficoltà. Sono circa 200 mila, indebitate mediamente per circa 200 mila euro, cifra già svalutata dalle banche attorno agli 80 mila euro. Su questo incaglio si è incastrata la vita di altri milioni di persone, i dipendenti delle piccole imprese, che vedono in pericolo il lavoro se non l’hanno già perso, e i loro familiari. La remissione dei debiti era prescritta già nel Codice di Hammurabi (18° secolo avanti Cristo) ma anche nella Bibbia (Deuteronomio, 15, 1-18), per tacere del Padre nostro, con buona pace dei grandi banchieri cattolici che lo recitano ogni mattina prima di andare in ufficio a dare il tormento ai debitori impoveriti. Hammurabi non fu un buonista fesso ma uno dei più abili uomini di potere di sempre. Nel suo Codice la remissione dei debiti in caso di crisi economica è prescritta insieme a una “legge del taglione” modello Salvini. Tremilaottocento anni dopo, la remissione (parziale) dei debiti appare ancora la soluzione più razionale alla crisi bancaria. Non a caso la proposta di “condono bancario” o “Giubileo dei debiti” è stata avanzata dal maggior esperto italiano di crediti deteriorati. Si chiama Dino Crivellari ed è stato per 15 anni a capo della più grossa struttura di gestione di crediti deteriorati, la Uccmb. Nel 2015 Unicredit ha venduto quello che era considerato un gioiello al fondo americano Fortress, e Crivellari ha lasciato. Il “Giubileo” si presenta tecnicamente e giuridicamente complicato, ma si impone all’agenda di governo se solo si ragiona su un caso concreto. Unicredit ha venduto ai fondi Fortress e Pimco crediti in sofferenza per 17,7 miliardi, al prezzo del 13-14 per cento, contro un valore in bilancio del 38 per cento pari a 6,8 miliardi. Da quei crediti dunque Unicredit tira fuori non più di 2,5 miliardi, e ne perde 4,3. Fortress e Pimco aggrediranno i debitori insolventi e, se le previsioni di recupero di Unicredit erano serie, come non c’è ragione di dubitare, incasseranno prima o poi almeno 5 miliardi al netto dei costi, con un guadagno del 100 per cento sul capitale investito. Sorge spontanea la domanda: per gli stessi euro non poteva Unicredit chiamare l’insolvente e, a fronte di un debito di 100 mila euro, dirgli “dammene 14 mila e chiudiamola qui”? Che danno faceva? Nessuno, se non a Fortress e a Pimco, e all’esercito di migliaia e migliaia di avvocati, periti, ufficiali giudiziari, e operatori del recupero crediti dai modi non sempre cortesi che campano sulla persecuzione degli impoveriti. Avrebbe però lasciato a molte famiglie la casa, e all’economia reale quei miliardi che adesso i fondi americani andranno a estrarre con le buone o con le cattive, ingaggiando con un numero significativo di italiani battaglie legali con relative spese) che intaseranno i tribunali per anni. Il prevedibile scenario è un’economia ferma perché una parte di imprese e famiglie dovranno spendere tutte le energie per difendere azienda e casa dagli avvoltoi del recupero di un credito a cui la banca ha rinunciato. Non è assurdo? Il ragionamento di Crivellari, spiegato su glistatigenerali.com, poggia su due premesse. Primo: le banche sono corresponsabili delle sofferenze. Hanno dato in passato troppo credito, errore evitabile “se vi fosse stata più oculatezza e prudenza, forse più vigilanza e comunque meno passione per i risultati economici che producono i bonus dei banchieri”. Secondo: se le banche transano con i debitori recuperano di più. Crivellari dice che Uccmb prosperava così sotto la sua guida, portando a transazione fino all’85 per cento degli insolventi e riducendo quasi a zero le spese legali. Confida che un debitore insolvente pagherebbe di corsa il 40-45 per cento del suo debito e la banca non dovrebbe fare le svalutazioni e i maxi-aumenti di capitale che tanto assillano il governo. L’imprenditore milanese Giovanni Pastore lavora con un gruppo di associazioni (Fondo di solidarietà antiusura San Giuseppe MoscatiConfimprese Favor Debitoris) per trovare sponde politiche a una proposta di legge da costruire sull’idea di Crivellari. Sembra troppo semplice per essere vero. Ma l’ultima idea escogitata dai maghi della finanza per uscire dalle secche della crisi è stata la vendita delle sofferenze Mps e conseguente aumento di capitale. Un’idea geniale. Da un anno non ne levano le gambe.


Autore: Giorgio Meletti
Fonte:

Il Fatto Quotidiano

congiuntura economicabanchefamigliedebiticrediti deteriorati

Credit Village è oggi il punto di incontro e riferimento - attraverso le sue tre aree, web, editoria, eventi - di professionisti, manager, imprenditori e operatori della gestione del credito. Nasce nel 2002 con l’intento di diffondere anche in Italia, così come avveniva nel mondo anglosassone, la cultura del Credit e Collection Management.