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Mps, disinnescare gli Npl priorità per la Bce

Il rilancio del Montepaschi di Siena, prima identificato con l’operazione di mercato ora con la ricapitalizzazione precauzionale con burden sharing e intervento pubblico, ha una tappa obbligata che è quella della soluzione dell’annoso problema dei Npl. Smantellare le sofferenze, anche senza bad bank vecchia maniera, si può e si deve: tramite svalutazione (correzione al ribasso dei valori di libro), miglior coverage e deconsolidamento. La cessione delle sofferenze, in blocco o in tranches e spalmata in più anni, può essere fatta in modi diversi e non necessariamente svendendo ai fondi o hedge fund “avvoltoio”: si può vendere i Npls a una società-veicolo assistita da un prestito-ponte in vista di una cartolarizzazione, come nel caso dell’operazione di mercato JP Morgan-Mediobanca-Bmps poi fallita; oppure si può cedere le sofferenze a una Asset management company (Amc) partecipata dallo Stato e da enti privati e sponsorizzata dal Tesoro, sotto il cappello della direttiva Brrd sul bail-in entrata in vigore nel 2016 e nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato per le banche. Il nuovo quadro normativo europeo infatti consente la creazione di una nuova tipologia di “bad bank” proprio nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale e post burden sharing, proprio il caso del Montepaschi.

Dal 2013 al dicembre 2016 varie soluzioni al problema dei Npl sono state oggetto di studio al Monte e da ultimo la proposta della maxi-cartolarizzazione, per quanto ambiziosa, era stata vista favorevolmente dalla Bce per migliorare i ratios patrimoniali della banca non solo sotto stress.

I crediti in sofferenza del Monte, al settembre 2016 con valore lordo di 28,3 miliardi e netto di 10,9 miliardi (su 45 miliardi lordi di crediti deteriorati) sono da tempo nel mirino della Bce. Nel 2013-2014, lo Srep dell’epoca evidenziò il deterioramento e l’elevato stock delle sofferenze e nello scenario avverso dello stress test il Cet1 era già negativo a -0,09% per colpa dei Npl; lo Srep del novembre 2015 stabilisce un Cet1 del 10,75% per il 31 dicembre 2016 e in una lettera ricevuta dal Monte agli inizi di luglio 2016 la Bce indica obiettivi e ratios spalmati su un arco triennale per smantellare la montagna dei Npl. Il piano industriale con operazione di mercato presentato dal Mps il 29 luglio, poche ore prima dell’annuncio dei risultati dello stress test 2016 che avrebbe evidenziato nello scenario avverso Cet1 -2,24%, aveva come obiettivo la pulizia del bilancio dalle sofferenze, in situazione normale di Srep , cedendo quasi l’intero portafoglio (a valore lordo 27,6 miliardi, netto 9,2) a una società-veicolo tramite prestito-ponte e poi cartolarizzazione. Quell’operazione prevedeva un aumento di capitale (5 miliardi di cui 4 di capitale fresco e 1 miliardo da conversione volontaria dei subordinati)per tappare il buco delle perdite post-cessione Npl (e coverage dei crediti incagliati e sofferenze rimasti in pancia alla banca): la Bce lo ha approvato a fine novembre. Per questo piano di mercato, Francoforte non ha dovuto mettere nero su bianco un “fabbisogno di capitale”, mentre ha dovuto farlo come richiesto dal la procedura Brrd, per l’avvio della richiesta di intervento pubblico straordinario post scenario avverso da stress test .

Solo nella procedura della ricapitalizzazione precauzionale la Bce indica il deficit di capitale da 8,8 miliardi e Cet1 all’8%: questo in assenza di un piano e senza soluzione ai Npls. Resta da vedere se questo fabbisogno potrà essere ritoccato, nel momento in cui verrà presentato il nuovo piano del Monte (per il quale servirà il via libera della Commissione Ue e Dg comp e solo informalmente l’ok di Francoforte), che potrebbe “salvare” l’impianto della cartolarizzazione. Nell’ambito della ricapitalizzazione precauzionale, post burden sharing, il Monte potrebbe in alternativa far nascere una Amc posseduta da Tesoro, Monte e altri soggetti privati abilitata dalla Brrd ad emettere bond garantiti dallo Stato e con l’incasso acquistare Npls dal Monte a un prezzo anche lievemente superiore a quello previsto nell’operazione di mercato. Senza svendere i crediti al mercato. Il “buco” nel bilancio del Monte verrebbe coperto fino a 4,3 miliardi dalla conversione forzosa dei subordinati (reintegrati con 2,5 miliardi di capitale dal Tesoro per il Total Capital Ratio) e altro capitale fresco dallo Stato.


Autore: Isabella Bufacchi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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