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Npl, banche caute sulle cessioni in blocco

Da una parte c’è il mercato, disposto a comprare ciò che vuole ai prezzi che vuole. Dall’altra i regolatori, che incalzano – pur con un approccio più aperto rispetto al passato – ad aggredire con maggior coraggio lo stock di Npl. In mezzo, i banchieri. Che rivendicano il diritto di amministrare. Come in una fedele miniatura, ieri a Londra – all’Equity and debt conference organizzata dall’Ambasciata italiana insieme allo studio Legance – si è avuta una perfetta rappresentazione di quel che accade intorno alle banche italiane. Pare un dialogo tra sordi, in realtà è il solito gioco delle parti, una sorta di trattativa continua. Che però in ballo vede decine di miliardi, oltre alla solidità della ripresa e al rischio di un nuovo contagio.
Con questo spirito Andrea Enria qualche settimana fa ha avanzato la proposta di una grande asset management company europea. Davanti a banche e fondi, ieri il presidente dell’Eba l’ha rilanciata, perché dieci Paesi europei viaggiano ancora con uno stock di Npe superiore al 10% degli impieghi e senza un intervento strutturale il ritorno ai livelli pre-crisi del Vecchio continente sarà troppo lento. Diagnosi, questa, che vede tutti d’accordo. Piuttosto, fa discutere la terapia: l’idea di uno smobilizzo massiccio e simultaneo di decine di miliardi di Npl, il supporto degli Stati, la capacità della newco di determinare un prezzo più corretto (e più vicino al valore reale) viene considerata di difficile praticabilità. Ognuno, all’apparenza, ha le sue ragioni: «Il mercato è il mercato, senz’altro alcuni interventi possono consentire di alzare il livello dei prezzi ma alla fine chi decide il valore è il mercato», per Francesco Colasanti, managing director del primo operatore italiano sugli Npl, Fortress. Risposta: «Prima abbiamo alzato le coperture, poi abbiamo costituito business unit per ottimizzare il recupero interno e intanto abbiamo iniziato a smobilizzare: siamo perfettamente in grado di gestire la situazione», rivendica Alessandro Vandelli, ad di Bper.
Reduce da qualche giorno negli Usa, Vandelli è tornato con buone sensazioni: dopo due anni in cui l’attenzione è stata catalizzata da Mps, ora messa in sicurezza dall’intervento dello Stato (sempre che si trovi la quadra, fatto non scontato), adesso il mercato guarda anche ad altro. Così si spiega l’interesse crescente per alcuni asset – servizi di pagamento, wealth management, servicing – e anche per gli Npl. Ma qui si apre il solito dibattito: il gap tra i valori di domanda e offerta, la qualità delle informazioni, il pressing del regolatore, il freno al nuovo credito. Come uscirne? I banchieri hanno la loro idea: «Pur nel rispetto di regolatori e regole, lasciateci gestire le nostre banche», ha sintetizzato Giuseppe Castagna: non ci sta, il ceo di BancoBpm, a una dismissione senza se e senza ma, destinata a lasciare le banche tradizionali cornute e mazziate, con le svalutazioni a bilancio e da sole a fare “il lavoro sporco”, cioè il credito. In questa dialettica, che va avanti da anni e non sembra ancora aver trovato un punto di caduta, c’è da valutare quale sarà l’effetto di un fatto nuovo, deflagrante: la cartolarizzazione da 17,7 miliardi di Npl di UniCredit, che ha contribuito in misura determinante al successo dell’aumento da 13 miliardi ma ha visto la banca cedere le sofferenze – pur vecchissime e mal collateralizzate – poco sopra al 12% del valore nominale, un importo che in futuro potrebbe salire (la banca terrà il 49% dei titoli Abs, con i relativi benefici in caso di upside) ma che evidentemente è stato ritenuto equo. Ecco perché la bad bank dell’Eba, nel suo intento di addomesticare il mercato, resta una delle poche proposte sul tavolo. Forse l’unica: l’approccio più aperto della Bce, che in queste settimane sta raccogliendo i piani-Npl delle singole banche, la sensibilità del Parlamento europeo, l’inserimento della proposta all’ordine del giorno dell’Ecofin di Malta che si terrà ad aprile, sono segnali. Resta da “stanare” la Commissione europea, e non è un dettaglio vista la rilevanza politica del tema.


Autore: Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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