Scelti per voi

Crediti deteriorati, banche italiane nel «mirino» dell’Fmi

Le banche italiane restano nel mirino del Fondo monetario, che, pur riconoscendo gli sforzi fatti dal Governo sul fronte dei crediti deteriorati, sostiene che questi potrebbero non essere sufficienti ad assicurarne lo smaltimento nelle quantità e nei tempi necessari per rafforzare il sistema bancario.

Gli economisti dell’Fmi sono apparsi invece molto più circospetti nell’esaminare le difficoltà di Deutsche Bank, che in questi giorni hanno scosso i mercati finanziari internazionali e che lo stesso Fondo nei mesi scorsi aveva definito la banca globale con il più alto potenziale per creare rischi sistemici.

Nel rapporto sulla stabilità finanziaria globale, l’Fmi ricorda le diverse iniziative prese dalle autorità italiane per rafforzare il sistema bancario, dalle misure per migliorare l’efficienza e la rapidità delle procedure di insolvenza, anche stragiudiziali, alla garanzia pubblica sulle tranche senior delle cartolarizzazioni bancarie basate sui prestiti in sofferenza, alla creazione di Atlante, alla riforma del trattamento fiscale delle perdite su prestiti. «Tuttavia – afferma lo studio – gli sforzi del Governo per facilitare il miglioramento del credito e l’acquisto delle sofferenze potrebbero non essere sufficienti».

Fmi sollecita anche una valutazione della qualità dei bilanci delle banche più piccole, che non sono sottoposte all’esame della Banca centrale europea. Inoltre, la riforma delle insolvenze andrebbe estesa alle sofferenze esistenti, non solo alle nuove. Il rapporto fa poi un quadro dei piani per il Monte dei Paschi di Siena e sostiene che «affrontare le sfide delle banche deboli è importante per ridurre la pressione sul settore bancario in generale».

I problemi del settore bancario negli Stati Uniti e specialmente in Europa sono molto radicati, secondo l’Fmi, tanto che, anche dopo una ripresa del ciclo economico, un terzo di 280 banche esaminate, che hanno un attivo totale di 8.500 miliardi di dollari, resterebbe debole e non sarebbe in grado di generare profitti sostenibili. Il Fondo monetario sembra schierarsi con la Banca centrale europea nella diatriba con i rappresentanti delle banche, che sostengono che le loro difficoltà vengono dalla politica dei tassi d’interesse troppo bassi.

Il settore, secondo l’Fmi, ha bisogno invece di profonde riforme strutturali, che, in Europa, migliorerebbero la redditività per oltre 40 miliardi di dollari l’anno. Sui crediti deteriorati, l’adozione di regimi di insolvenza che riducano i tempi di pignoramento farebbe sì che il costo, in termini di capitale, di rimuovere dai bilanci gli Npl, pari a 80 miliardi di euro, si trasformerebbe in un guadagno di 60 miliardi di euro. Il progresso sarebbe particolarmente pronunciato nel caso dell’Italia. Ma il Fondo denuncia anche che in Europa le banche devono diventare più efficienti. «Ci sono troppe filiali con troppo pochi depositi e troppe banche con costi di raccolta ben al di sopra della concorrenza», ha detto nel presentare il rapporto Peter Dattels, vicedirettore del dipartimento mercati dei capitali, echeggiando un tema del presidente della Bce, Mario Draghi.

Alle fine «le banche deboli dovranno uscire dal mercato e alcuni sistemi bancari dovranno contrarsi», ha sostenuto Dattels. L’economista è apparso più cauto nel valutare le difficoltà di Deutsche Bank, che saranno al centro di molti colloqui nelle riunioni di questi giorni a Washington e forse di un incontro fra l’amministratore delegato John Cryan e il Dipartimento di Giustizia Usa che ha avanzato una richiesta di 14 miliardi di dollari come multa per scorrettezze nel collocamento di titoli cartolarizzati, multa su cui è in corso un negoziato. «È una di quelle banche – ha affermato Dattels – che devono continuare un aggiustamento per convincere gli investitori che il suo modello di business è sostenibile e che ha affrontato i rischi operativi generati dalle vicende giudiziarie».

Il dirigente dell’Fmi ha ribadito che Deutsche Bank è «una banca grande e interconnessa e quindi importante dal punto di vista sistemico, sia in patria sia a livello globale. Siamo fiduciosi che le autorità tedesche ed europee stiano monitorando la situazione e lavorando perché il sistema finanziario resti robusto».


Autore: Alessandro Merli
Fonte:

Il Sole 24 ore

fmibcebanchecrediti deteriorati

Credit Village è oggi il punto di incontro e riferimento - attraverso le sue tre aree, web, editoria, eventi - di professionisti, manager, imprenditori e operatori della gestione del credito. Nasce nel 2002 con l’intento di diffondere anche in Italia, così come avveniva nel mondo anglosassone, la cultura del Credit e Collection Management.