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Phishing: ora la banca è tenuta a rimborsare le vittime della frode

Il phishing è una truffa attraverso la quale si cerca di ingannare la vittima tentando di carpire il maggior numero di informazioni personali, dunque si tratta a tutti gli effetti di una frode creditizia. È infatti attraverso l’invio casuale di messaggi di posta elettronica, che il più delle volte imitano la grafica di famosi siti bancari o postali, che il truffatore cerca di carpire dalle malcapitate vittime la password di accesso al conto corrente, oppure le password che permettono il pagamento o direttamente il numero della carta di credito. Il termine è stato utilizzato per la prima volta il 2 gennaio del 1996 sul newsgroup di Usenet, il termine deriva dall’inglese ed è una variante della parola fishing, letteralmente tradotto col verbo pescare, influenzato anche dal termine phreaking indica proprio l’uso di tecniche più sofisticate messe in atto per fare “abboccare” gli utenti e pescare il maggior numero di dati finanziari.

Chi subisce il phishing può essere rimborsato dalla banca

Chi subisce il phishing è vittima di una truffa telematica per mano di hackers che riescono ad avere accesso al conto corrente del correntista, la vittima ha però il diritto a farsi restituire i soldi dalla banca. Questo perché, secondo l’orientamento della giurisprudenza l’istituto di credito è tenuto, nei confronti dei propri clienti, ad adottare tutte le misure tecniche necessarie affinché non accadano le frodi su internet. Questo orientamento è condiviso anche dall’ABF, l’arbitro bancario e finanziario, ossia l’organismo di arbitrato costituito dalle stesse banche cui si possono rivolgere i consumatori che abbiano subito problemi con il proprio istituto di credito. La banca si rende colpevole della frode telematica e deve dunque rispondere della sottrazione dei fondi quando non dimostra di aver adottato tutte le misure necessarie per evitarlo, tra queste, ad esempio, vi rientrano: la consegna di un token di sicurezza o l’invio di Sms non appena avviene un bonifico online. Nei casi di phishing, infatti, il codice della Privacy stabilisce che, chiunque causi un danno per effetto del trattamento dei dati personali (la banca attraverso il servizio di home-banking, raccoglie oltre ai dati personali, anche le user e le password dei proprio clienti) è tenuto al risarcimento dei danni anche se non ha nessuna colpa o non è in malafede. Giuridicamente si tratta di “responsabilità oggettiva” che intercorre per il solo fatto di svolgere un’attività pericolosa quale quella della gestione del risparmio online

Ecco come richiedere il rimborso

Il correntista accortosi della sottrazione della somma, può dunque immediatamente attuare la procedura di rimborso facendone richiesta alla banca, sebbene lo step principale preveda la denuncia del maltolto alla polizia postale. Copia della denuncia andrà prodotta al proprio istituto di credito e, insieme ad essa, andrà consegnata una richiest , in carta semplice, in cui si richiede la restituzione della somma prelevata ingiustamente. La banca, a sua volta, effettuerà un’istruttoria, qualora non dovesse arrivare alcuna risposta o questa dovesse essere negativa il correntista può rivolgersi al giudice. Chi non vuole fare causa, specie se le somme sottratte sono modeste, può rivolgersi direttamente all’ABF anche senza alcun avvocato.


Autore: Erica Venditti
Fonte:

Credit Village

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