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Mps: spunta un piano Passera, oggi Bce decide

E’ il giorno della verità, per Mps. Perchè è atteso per oggi l’ok formale della Bce al piano di messa in sicurezza della banca di Siena. Un piano che si regge sullo smaltimento, tramite una maxi-cartolarizzazione a cui parteciperà Atlante, di circa 9 miliardi di euro di sofferenze. E che, in un secondo tempo, prevede il varo di un aumento di capitale da cinque miliardi, tutto realizzato con capitali privati raccolti da JpMorgan e Mediobanca. Il piano, anche alla luce di un clima di Bce che appare favorevole, sembra essere pronto per essere implementato. Tuttavia, in questo quadro, ieri si è inserito un colpo di scena. E cioè la presentazione in extremis di un piano alternativo, che è il frutto di una condivisione di intenti di Ubs (che è advisor in uscita del Monte), e dell’ex Ceo di Intesa Sanpaolo Corrado Passera, piano che oggi sarà presentato nel corso del Cda del Monte dei Paschi. E che prevederebbe, a quanto risulta al Sole, una diversa composizione del capitale con cui coprire il fabbisogno della banca, pur mantenendo intatto l’intervento di Atlante.

Il dialogo con Francoforte

Entrambe le proposte saranno oggetto di un Cda di Siena – convocato per le 10,30 – che vedrà all’ordine del giorno la semestrale ma soprattutto la discussione di entrambi i piano di salvataggio.

Certo è che l’operazione ha comunque bisogno di un disco verde ufficiale della Vigilanza Bce, il cui board oggi si riunirà – in collegamento telefonico – per vagliare il dossier senese. Va detto che il vertice odierno è stato preceduto in verità da un intenso lavoro preparatorio nel corso degli ultimi giorni tra gli uomini di Siena, Bankitalia e i funzionari di Francoforte. Il clima che si respirava anche ieri era all’insegna di un cauto ottimismo rispetto all’avallo da parte della Vigilanza. La contesa con Francoforte, come anticipato dal Sole 24Ore lo scorso 21 luglio, riguarda in particolare la sterilizzazione degli impatti delle cessioni di Npl sui modelli interni. La vendita a sconto delle sofferenze impatterebbe sulle serie storiche su cui si basa il calcolo della rischiosità dell’intero portafoglio di crediti, bonis inclusi. Dopo un’iniziale resistenza, l’Ssm sembrerebbe aver dato maggiore volontà di mediazione. Anche perchè, se così non fosse, ci sarebbe da recupare sul mercato 2 miliardi di euro aggiuntivi rispetto ai 5 miliardi previsti fino ad oggi. E a fronte di questo ipotetico maggior fabbisogno, le banche d’affari si tirerebbero indietro, ritirando la loro disponibilità ad assorbire l’eventuale inoptato.

In questo caso, oltre a Jp Morgan e Mediobanca (global coordinators dell’operazione), ci sono altre 5 banche d’affari (Bofa Merrill Lynch, Deutsche Bank, Credit Suisse, Citi e Goldman Sachs) e in una fase successiva potrebbero essere chiamati altri istituti ad agire come joint bookrunners.

Il piano di Mps

Al netto dell’ok del Supervisory Board, e della proposta arrivata in extremis di Passera e Ubs, il piano di massima di salvataggio sembra comunque tracciato. Il progetto, a cui sta lavorando da alcune settimane Lazard, advisor finanziario del Monte, prevede come detto un auto-cartolarizzazione del portafoglio di sofferenze da parte del Monte. Il funding verrà effettuato da un Spv che farà funding mediante l’emissione di note senior (che godranno in larga parte della garanzia statale Gacs) per circa 6 miliardi. Somma che verrà coperta da un prestito ponte finanziato da Jp Morgan. La tranche mezzanina (1,6 miliardi) verrà invece acquisita da Atlante II mentre la tranche equity (pari a 1,4 miliardi) resterà in capo agli azionisti attuali, che se li vedranno così attribuiti pro-quota. Così facendo, le tranche equity verrebbero assegnate come una sorta di warrant, che darebbero così un ritorno nel caso in cui il recupero delle sofferenze cartolarizzate fosse tale da superare il rimborso delle tranche senior e mezzanine.

Di fatto, quindi, dei 5 miliardi di aumento circa due serviranno ad alzare le coperture sui crediti deteriorati che resteranno in pancia alla banca, mentre 1,6 serviranno per coprire le minusvalenze sui 26,6 miliardi di crediti ceduti ad Atlante II a un prezzo che dovrebbe essere pari al 31-32% del valore di libro.

Il nodo interessante per gli investitori è costituito dalla creazione di una bad bank destinata a subire uno spin off, passaggio che si renderà necessario per deconsolidare le sofferenze dal bilancio. Secondo i calcoli di Equita, la bad bank, a fronte di asset netti per 7 miliardi, avrebbe un Cet 1 del 30%, contro una good bank con un Cet 1 dell’11,7%, 11 miliardi di inadempienze probabili coperte al 40% e un Texas ratio di 130%. Ipotizzando un valore della bad-bank di 0,15 volte il prezzo sul patrimonio tangible, la good bank tratterebbe invece con un prezzo 0.46x sul tangible. Un valore che renderebbe la banca ben più appetibile e forse in grado di rimanere in piedi in autonomia.


Autore: Luca Davi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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