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Mps verso l’aumento garantito dallo Stato

Un aumento di capitale a finalità preventiva, con garanzia pubblica, in vista della cessione di quasi 10 miliardi di crediti deteriorati prescritta dalla Bce. È così che lo Stato intenderebbe venire in soccorso di Mps, secondo uno schema che, all’occorrenza, potrebbe rendersi utile anche per altri istituti. Sul tavolo, secondo quanto trapela da fonti finanziarie, ci sarebbe una manovra da 2 o più probabilmente 3 miliardi: quanto serve al Monte per colmare il fabbisogno derivante dalla cessione degli Npl (verosimilmente ad Atlante, con cui si sta trattando) ma anche per innalzare le coperture sui crediti deteriorati che si terrà in pancia, secondo quanto prescritto da Bce nella lettera inviata dieci giorni fa alla banca.

Resta da trovare un accordo con la Commissione europea, visto che c’è da utilizzare una delle deroghe prevista dalla direttiva Brrd sull’intervento pubblico nelle banche e in teoria ci sarebbe tempo fino al 29 luglio. Giorno in cui l’Eba svelerà l’esito degli stress test, quasi certamente nefasto per Siena, e in cui la Bce girerà alla banca le sue richieste definitive sul piano di smaltimento degli Npl. Ma il mercato chiede di fare prima, molto prima: ieri il titolo ha perso un altro 19%, la capitalizzazione è scesa oltre gli 800 milioni, e il fuggi fuggi generale è dettato dalla convinzione che sia imminente un maxi aumento a spese dello Stato, nei fatti una nazionalizzazione della banca destinata a iperdiluire tutti gli altri soci rimasti. Sia dal punto di vista operativo che finanziario nei palazzi del Governo (e della Vigilanza) la situazione in realtà pare molto meno grave di quanto sia percepita dal mercato, e per questo si punta a chiudere – e comunicare – un accordo con la Commissione entro i prossimi giorni. Quel che ancora ieri il Tesoro escludeva è un provvedimento unilaterale del governo italiano.

Anche perché da Bruxelles sembrano giungere segnali di apertura. Quello di limitare l’uso del denaro dei contribuenti per sostenere le banche «è un importante principio fondamentale della regolamentazione finanziaria post-crisi, in Europa e altrove. Tuttavia, i legislatori hanno riconosciuto che un certo grado di flessibilità può essere necessario in certi casi eccezionali», ha scritto il vicepresidente della Commissione Ue, e da qualche giorno commissario ai servizi finanziari Valdis Dombrovskis, in una risposta scritta a un europarlamentare nel quale ribadisce l’esistenza di questa possibilità di deroga. Un messaggio che sembrerebbe accreditare l’ipotesi formulata dal Governo: avvalendosi di quanto previsto dall’articolo 32 della direttiva Brrd, il Tesoro punterebbe a costruire una garanzia pubblica su un nuovo aumento di capitale della banca. Un intervento a metà strada tra i Padoan bond (ritenuti macchinosi) e l’intervento diretto con un’iniezione di capitale: anche perché in Via XX settembre si ritiene che, con la doppia certezza della garanzia pubblica sull’aumento e degli acquisti da parte di Atlante degli Npl, il titolo possa riascquistare un certo appeal sul mercato.

Come si diceva, la possibilità di intervento dello Stato, in una banca solvibile ma “bocciata” in sede di stress test, è contemplata dalla norma. Resta da ottenere, però, ampia flessibilità da Bruxelles sull’esclusione degli obbligazionisti subordinati (fondamentale per evitare ripercussioni telluriche sul mercato) e il via libera da Bce, che su Siena vigila con particolare attenzione visto che la banca è in ristrutturazione da anni. Due scogli non di poco conto, ma riguardo ai quali ieri si percepiva una certa fiducia.


Autore: Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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