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Banco-Bpm, doppio «sì» alla fusione

Il via libera è arrivato. Ieri il consiglio di amministrazione del Banco Popolare e il consiglio di gestione di Bpm (incassato un primo parere favorevole della sorveglianza) hanno approvato lo schema di accordo che aprirà la via all’integrazione tra i due istituti. I due board si sono espressi dopo che, in tarda mattinata, da Francoforte era arrivato l’avallo, pur informale e preliminare, della Bce, che evidentemente ha ritenuto adeguate le misure predisposte sul piano della governance ma soprattutto del capitale: il Banco, in particolare, si è assunto l’impegno di ripatrimonializzarsi per un miliardo entro la fusione. «Sono particolarmente felice – ha detto l’a.d. del Banco, Pier Francesco Saviotti – Dall’intesa tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano nasce una grande banca».

Un anno fa, proprio alla data di oggi, il Parlamento approvava la riforma delle popolari con l’obbligo di trasformazione in spa. L’accordo raggiunto ieri di fatto ne è il primo frutto tangibile: «Le riforme funzionano, le popolari cambiano: più grandi, più forti, più trasparenti», ha twittato ieri il ministro Piercarlo Padoan. Le due banche in questione, però, oggi sono ancora popolari e dunque esporranno le nozze a un passaggio assembleare che – soprattutto a Milano – non può considerarsi scontato. Ci sarà tempo, anche se non tantissimo, per convincere i soci: le assemblee decisive, infatti, dovranno tenersi subito dopo l’estate visto che il termine per la fusione è fissato al 1° novembre. Prima, il 30 aprile, Bpm dovrà rinnovare il proprio Consiglio di Sorveglianza, mentre il Banco dovrà convocare i soci per approvare il nuovo aumento richiesto dalla Bce entro l’estate.

 

La giornata di ieri

Le prove generali della fusione nei fatti si sono svolte ieri, quando le due banche – mentre i titoli a Piazza affari erano sospesi dalle contrattazioni – sono state chiamate ad agire in perfetta sinergia pur a 150 chilometri di distanza l’una dall’altra. Al mattino a Verona si è riunito il cda, che ha inizialmente affrontato i temi all’ordine del giorno della seduta ordinaria; a Milano, intanto, in tarda mattinata si sono riuniti sia la gestione che la sorveglianza, dove si sono discusse le linee generali dell’operazione. Il segnale più atteso è arrivato intorno all’ora di pranzo da Francoforte, quando la Bce ha inviato il suo via libera, informale e preliminare, al progetto di fusione: quanto basta, per ora, per andare avanti. E così, in serata, dopo una lunga analisi del dossier insieme agli advisor (Mediobanca, Merrill Lynch e Colombo per il Banco, Lazard e Citi per Bpm), dai consigli è arrivata l’approvazione all’unanimità; anche la Sorveglianza di Bpm ha dato un suo primo benestare, anche se si è riservata di formalizzarlo soltanto quando sarà pronto il progetto definitivo. D’altronde la via è ancora lunga: ora ci saranno le due diligence e quindi – mentre il Banco condurrà in porto le sue azioni sul capitale – si arriverà alle assemblee. E intanto entro la fine di aprile le due banche invieranno in Bce il business plan al 2020 e lo statuto del nuovo gruppo destinato a nascere dalla fusione.

Concambi e governance

Le modifiche chieste dalla Bce nell’ultimo scambio di corrispondenza hanno impattato sugli aspetti patrimoniali del Banco e quindi incideranno sui concambi azionari: il 54% del capitale spetteràa agli azionisti del Banco, il resto a quelli di Bpm. Poco o niente cambia invece sulla governance, che nei fatti sarà paritaria: il primo nuovo cda conterà 19 membri (15 a partire da quello successivo), di cui 8 nominati da Verona e altrettanti da Milano, più tre indipendenti tra cui il ceo (che al debutto sarà Giuseppe Castagna). Confermata la presenza del comitato esecutivo a 6 (guidato da Pier Francesco Saviotti), mentre il presidente (Carlo Fratta Pasini) sarà affiancato da un vicario di nomina milanese e da altri due che spetteranno a Verona; direttore generale sarà Maurizio Faroni, condirettori Domenico De Angelis e Salvatore Poloni. Autorizzata anche la “sopravvivenza” della controllata Bpm. Che nei fatti sarà una banca rete con tutti gli sportelli del gruppo in Lombardia, che utilizzerà una delle licenze bancarie del gruppo. Sede legale sarà Milano, quella amministrativa Verona; previsto un tetto fino al marzo 2017 al 5% per il diritto di voto in assemblea. Mentre la Borsa darà il suo responso, oggi il progetto sarà illustrato a sindacati e analisti.


Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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