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I debiti si pagano in natura

Le imposte locali si potranno pagare anche in natura, cioè con il proprio lavoro invece che con i propri soldi. L’idea, trasformata in legge dal governo Monti nel decreto sblocca-Italia del 2014, sta prendendo sempre più piede nei comuni che, da una parte non possono più aumentare la pressione fiscale, e dall’altra si trovano di fronte sempre più spesso a fasce deboli della popolazione che proprio non ce la fanno a versare le imposte, ma per le quali finire nelle spire di Equitalia rischia di essere un dramma.

E così sempre più numerosi municipi stanno inserendo nei propri regolamenti il cosiddetto baratto amministrativo. Una volta si chiamavano corvèe. Si tratta infatti di un’attività lavorativa svolta volontariamente dal cittadino in sostituzione di una obbligazione tributaria: mi impegno a tenere pulito il parco comunale invece di versare l’imposta sui rifiuti, ridipingerò le scuole comunali come pagamento delle contravvenzioni, e così via. La fantasia potrà sbizzarrirsi in un numero quasi infinito di varianti. La norma di legge lascia infatti ai regolamenti comunali la possibilità di fissare le modalità e i limiti di interventi che possono essere proposti da cittadini o da associazioni. Andando a spulciare tra quelli già approvati balza all’occhio come vengano previste regole spesso molto diverse tra loro. Forse perché le corvèe sembravano essere state relegate a un capitolo dei volumi di storia medievale e nessuno aveva previsto una loro riedizione nel ventunesimo secolo.

In realtà i regolamenti approvati finora prevedono limiti di applicazione piuttosto rigidi che escludono, almeno per ora, l’ipotesi di un’applicazione generalizzata di questa forma di pagamento. Particolarmente selettivi i limiti di reddito imposti per l’accesso al baratto amministrativo: 8.500 euro a Invorio, il primo comune ad aver messo a frutto questa possibilità, 9.000 euro a Oristano, 21.000 euro a Milano, il comune più permissivo. Sono previsti anche dei tetti all’ammontare del tributo comunale che si può pagare con ore di lavoro personale: 1.500 euro a Milano, anche in questo caso tra i comuni più generosi.

Ogni regolamento ha quantificato in modo diverso il valore del tempo impiegato dai propri cittadini in queste attività. A Milano un’ora di lavoro vale 10 euro, a Oristano 7 euro, a Barzano 7,5 euro e così via. In alcuni casi vengono esclusi gli anziani, anche perché, oltre una certa età, il rendimento lavorativo si abbassa e i costi dell’assicurazione contro gli infortuni si alzano. Le attività ammissibili sono generalmente quelle legate alla manutenzione, o all’abbellimento di piazze, giardini, edifici di interesse pubblico.

Sembra tuttavia evidente che, mentre le esigenze che stanno alla base della riscoperta delle corvèe, seppure su base volontaria, sono estremamente concrete (e legate soprattutto all’impoverimento di una fetta del ceto medio), dall’altra i comuni che già si sono mossi per venirvi incontro, lo hanno fatto in modo molto prudente. In pratica siamo ancora in una fase sperimentale. Se i riscontri saranno positivi, sia per l’ente locale, sia per le persone o le associazioni coinvolte, si allargheranno le maglie dei regolamenti, altrimenti si stringeranno.

Il baratto amministrativo in ogni caso, è un segno dei tempi.


Autore: Marino Longoni
Fonte:

Italia Oggi

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