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Novità del Decreto del fare: impignorabilità della prima casa. Trasferire la residenza conviene?

Pochi giorni fa il Governo ha approvato un importante decreto in materia economica, ribattezzato il Decreto del fare, che contiene al suo interno oltre 80 nuove misure. Tra i contenuti citati la nostra attenzione è rivolta ad alcune novità riguardanti la possibile pignorabilità di un immobile.

Questa misura che sancisce l’impignorabilità dell’unica casa del debitore da parte delle Agenzie di riscossione pubblica (Equitalia), ha in primis lo scopo di tutelare i cittadini di fronte alle difficoltà economiche. In passato si è assistito, infatti,  a casi drammatici in cui un immobile è stato posto sotto pignoramento da parte del fisco anche per somme di entità inferiore a 10.000 euro. Per questa ragione il Governo è intervenuto varando un provvedimento in favore di quanti versando in condizioni critiche rischiano di perdere la casa di proprietà.

 Esaminiamo in che contesto l’Agenza di riscossione non può in alcun modo procedere all’espropriazione dell’abitazione:

  • Il veto scatta se si tratta dell’unico immobile di proprietà del contribuente;
  •  l’immobile è adibito ad uso abitativo (esclusi, quindi, gli studi e gli usi aziendali);
  • costituisce la residenza anagrafica del debitore;
  • non si tratta di abitazione di lusso: non deve cioè rientrare nelle categorie catastali A/8 e A/9.

 
 

Ricordiamo però che Equitalia resta libera di iscrivere ipoteca su tale casa, la soglia minima di debito per poter iscrivere un’ ipoteca per crediti esattoriali è di 20mila euro. Inoltre non è stato affatto escluso che la prima casa possa essere pignorata da altri soggetti creditori, soprattutto le banche ma anche i privati.  Nulla toglie, dunque, che eventuali altri creditori possano attraverso un’esecuzione forzata mettere in vendita la prima casa di proprietà. In tal caso, Equitalia concorrerà normalmente alla ripartizione del ricavato.

Oggi la procedura di pignoramento, anche se piuttosto complessa, viene messa spesso in atto dagli istituti di credito soprattutto quando sono dovute somme piuttosto elevate, come nel caso di insolvenza di mutui ipotecari.

Cosa cambia se l’immobile pignorato è diverso dalla prima casa?

Ricapitolando affinché un’abitazione non possa  essere pignorata da Equitalia e messa successivamente all’asta, è necessario che si verifichino determinate condizioni : si tratta dell’abitazione principale, non di lusso, in cui vi è la residenza.

Di fatto, quindi, se il contribuente possiede un immobile ma vive in un’altra casa in locazione, la sua proprietà continuerà ad essere pignorabile.

Nel caso in cui l’immobile pignorato sia diverso dalla prima casa o da capannoni industriali, l’esproprio potrà essere avviato solo se il  debito con l’Erario è superiore a 120.000 euro, mentre in precedenza era sufficiente che fosse superiore a 20.000 euro, quindi la soglia è stata innalzata di 6 volte.

Il decreto legge allunga inoltre anche i termini dell’esecuzione dell’esproprio che non può più avvenire prima dei 6 mesi dall’iscrizione dell’ipoteca, mentre il termine precedente era di 4 mesi.

Cosa capita, invece, se il contribuente proprietario di due immobili ne vende uno con lo scopo di trasferire la propria residenza in quello che diverrà l’unico immobile?

Se il contribuente è titolare di due immobili e decide di venderne uno, fissando così la residenza nell’unica casa di proprietà, allora non potrà subire il pignoramento di Equitalia, a patto che non si tratti di un immobile di lusso .

Ma stando a quanto pubblicato da un team di avvocati sul portale La legge per tutti è bene prestare attenzione alla vendita della seconda casa, infatti riportiamo dalla fonte:

In caso di vendita della casa, Equitalia può sempre esercitare l’azione revocatoria (nei 5 anni successivi all’atto di vendita) quando dimostri (circostanza abbastanza agevole) che la cessione è avvenuta per frodare le ragioni del creditore. È sufficiente dimostrare che il contribuente non abbia altri beni “facilmente” aggredibili come quello alienato, per poter rendere inefficace l’atto di compravendita e consentire a Equitalia di aggredire detto immobile. Col risultato che il contribuente dovrà restituire i soldi ottenuti dall’acquirente del bene e perderà anche l’immobile. Le cose non cambiano in caso di donazione dell’immobile medesimo (anzi, in tal caso, l’onere della prova per Equitalia è anche più agevole). Senza contare il rischio che, da una manovra così congeniata, qualcuno possa intravedere l’ipotesi di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. In tal caso, scattando un procedimento penale, per il contribuente i problemi potrebbero essere più gravi della perdita di una casa.

 

Sintetizzando la nuova norma ha posto ad Equitalia unicamente il divieto di iniziare procedure di esecuzione forzata sull’unica casa, ferma restando la possibilità di iscrivere ipoteca e di partecipare all’esecuzione forzata avviata da altri creditori.

Forse per tutelare davvero i contribuenti sopraffatti dai debiti si dovrebbe introdurre anche nella nostra legislazione il principio insito nella homestead exemptions già in vigore negli Stati Uniti e in Canada, secondo il quale la casa può essere pignorata solo in caso di iscrizione volontaria ad ipoteca e se supera un determinato valore di mercato. Si andrà mai in questa direzione?


Autore: Erica Venditti
Fonte:
Redazione Credit Village

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