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Le banche dell’Eurozona? Secondo il Fmi sono inadeguate a dare credito

 Le banche dell’area euro sono spesso inadeguate a fornire il carburante del credito al motore in panne d’una ripresa. E gli istituti italiani, pur scontando i venti contrari del ciclo economico che frenano la domanda, fanno i conti con la medesima sfida: non sono pronti a cambiar passo, a rispondere alle necessità quando emergeranno segni di recupero.

Ben il 70% del sistema bancario dell’Eurozona – ha denunciato José Vinals, responsabile del Fondo monetario internazionale per il Financial Stability Report che esamina salute e rischi della finanza globale – non è «robusto a sufficienza per sostenere il credito» alle imprese. Una proporzione molto superiore al 40%, sempre misurato per asset, rilevato per l’insieme delle banche nelle economie avanzate, esaminato grazie a un campione di 300 grandi istituti.

Questi istituti «richiedono rivoluzioni del modello di business», quali «repricing delle linee di attività, riallocazione interna del capitale tra le stesse, riduzione di alcune operazioni e a volte consolidamenti». Vale a dire fusioni e acquisizioni che riducano il numero di istituti. Perché le banche del futuro devono trasformarsi da «cittadini in buona salute», curate dalla crisi, in «atleti che corrono in aiuto all’espansione». Le banche italiane, ha precisato Andrea Maechler, vice-direttore della divisione del Fondo di Monetary and Capital Markets, «hanno rafforzato i bilanci e fanno i conti con scarsa domanda ma devono prepararsi a una ripresa».

La nuova fase per le banche, nel suo insieme, e’ imperniata sul riequilibrio del rischio tra finanza e economia reale. «Non c’è abbastanza rischio economico e c’è troppo rischio finanziario», ha sentenziato Vinals. Il “Comprehensive Assessment” messo in atto dalla Bce sulle banche europee e l’introduzione di un meccanismo unico di supervisione rappresentano tuttavia «un’opportunità d’oro» per creare un «robusto sistema bancario cross-border» nella zona Euro. Un processo che passa proprio attraverso pulizia dei bilanci, ristrutturazione di istituzioni deboli e sparizione di quelle ingestibili. «È un solido punto di partenza per i cambiamenti che la banche devono portare a termine».

L’obiettivo, per banche internazionali che oggi nel 35% dei casi non possono offrire una crescita annuale del credito sopra il 5%, diventa sempre più accanto al rafforzamento di cuscini di capitale lo sviluppo di attività redditizie in un clima di ripresa. Ciò può richiedere anche partnership con la finanza non-bancario, lo shadow banking oggi enormemente cresciuto. A sua volta un simile sistema ombra richiede pero’ controlli: serve regolamentazione e trasparenza. «Le società di asset management devono avere una visione sistemica e i regulator evidenziare i rischi di liquidità, richiedere standard minimi e irrigidire la definizione di asset liquidi». È infatti già in corso un trasferimento del rischio da banche a shadow banking, dove fondi comuni specializzati sul credito sono il maggior possessore di bond aziendali statunitensi. Una situazione che può creare «illusioni di liquidità» nel reddito fisso.

I rischi sono aggravati da altri sviluppi. Politiche monetarie accomodanti, essenziali davanti a una debole domanda, hanno anche stimolato gli eccessi finanziari e serve ora più che mai che siano affiancate da riforme strutturali, fiscali e finanziarie. «I prezzi degli asset sono elevati, gli spread sul credito slegati dai fondamentali, la volatilità bassa, sintomi di una compiacenza dei mercati insolita per la diffusione tra paesi e classi di asset», ha spiegato Vinals. I legami crescenti tra economie avanzate e emergenti, per via di vasti investimenti in portafoglio, minaccino rapidi contagi globali. E gli shock in grado di scatenare reazioni a catena possono essere in agguato: da crisi geopolitiche a scosse nella normalizzazione della politica monetaria americana.


Autore: Marco Valsania
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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