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Il ricco piatto dei distressed asset

La stima è di 26 miliardi di euro. Sono i cosiddetti distressed assets, o crediti incagliati garantiti da immobili, in pancia alle banche italiane.
Un vero e proprio macigno per gli istituti di credito nostrani, che finora si sono tenuti stretti stretti gli asset e non hanno praticamente svalutato il valore degli immobili, per non incorrere in disequilibri degli indici bancari. Ma il macigno pesa sempre di più. E rende faticosi i percorsi sia delle banche, sia del sistema immobiliare, che si trova a fare i conti con beni che non hanno tenuto il passo con la svalutazione generalizzata avvenuta nei mercati dei Paesi competitor.
Tutta questa massa di immobili, prima o poi, dovrà ritornare al mercato: su questo le opinioni concordano. Il punto è stabilire come e con quali valori; si parla molto ultimamente di vere e proprie bad bank a cui apportare questi beni, come già fatto all’estero; ma anche di fondi specializzati, che oltrefrontiera sono ormai diventati una consuetudine dai buoni rendimenti.
Anche in Italia ci si sta muovendo, tra accelerazioni e palette gialle dell’Istituto di vigilanza. Tra gli istituti di credito più appesantiti, vale la pena segnalare Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco popolare e Ubi Banca. «L’esposizione complessiva del sistema bancario nei confronti del settore immobiliare – spiega un report di Morgan Stanley – è stimata in 126 miliardi di euro, di cui 26 miliardi riferiti a distressed asset». E se si considera un orizzonte temporale di rientro delle banche pari a cinque anni, senza ipotizzare un ulteriore incremento di tali asset, ogni anno in Italia si dovrebbero immettere sul mercato circa 5 miliardi di immobili provenienti da crediti incagliati.

Riccardo Serrini, alla guida di Prelios Credit Servicing, calca la mano. «Mi aspetto che nei prossimi due-tre anni le banche italiane metteranno sul mercato 50 miliardi di euro di bad loans e che il valore dei Npl (non performing loans, ndr) delle banche italiane si aggiri sui 160 miliardi, a cui ne vanno aggiunti altri 150 circa in difficoltà. Si tratta di un mercato particolarmente attivo, dove il mondo degli investitori opportunistici quest’anno si concentra assolutamente sull’Italia».
 
Una bella torta da spartire, dunque, considerando che anche gli asset che non verranno ceduti dalle banche dovranno comunque essere gestiti, con tutta probabilità, da operatori specializzati. Così molte società di real estate sono già scese in campo.
Prelios se ne occupa appunto tramite Prelios Credit Servicing, controllata al 100%. Proprio per accrescere le masse gestite stanno lavorando con il gruppo americano Fortress per un’integrazione tra Prelios Credit Servicing e Italfondiario. Unitamente a Fortress, Prelios si è proposta per l’acquisto di Uccmb, la società del gruppo di Unicredit specializzata proprio nella gestione dei crediti problematici.
 
Fortress metterebbe l’equity e Prelios credit servicing si occuperebbe della gestione. Stesso ragionamento per Release, la società del Banco Popolare, che Prelios sarebbe pronta a rilevare insieme a Fortress. Obiettivo: diventare il primo operatore italiano specializzato nel settore. Prelios Credit Servicing gestisce un portafoglio di circa 8,5 miliardi di euro a gross book value. Il posizionamento di Prelios credit servicing nel settore è differente da quello degli altri operatori: si occupa infatti di servizi relativi ai Npls, alla relativa gestione, ma non all’investimento di capitale. Che, nel caso delle operazioni menzionate, verrebbe messo invece da Fortress.

Tra gli altri big del settore a interessarsi ai distressed assets (ma in termini di investimento), Beni Stabili Gestioni Sgr ha avviato un fondo specializzato per circa 200 milioni di euro, a cui alcune banche hanno apportato immobili retail e logistici dati a suo tempo in garanzia per leasing ormai scaduti. Anche Amundi Re Italia sta studiando veicoli ad hoc per la gestione dei bad loan e Sorgente Sgr si dice fortemente interessata, pur non avendo al momento un veicolo in pancia. Per Idea Fimit, invece, si attendono ora le indicazioni strategiche del nuovo a.d. Emanuele Caniggia, che per il momento non si sbilancia. Polis fondi Sgr, poi, nel giugno 2013 ha lanciato il fondo Asset bancari, specializzato anch’esso in bad loans.

A tirare il freno sono state finora la Banca d’Italia e le stesse banche. Da un lato, la vendita in massa degli asset sottostanti i crediti sofferenti preoccupa l’Istituto di vigilanza per l’impatto sui bilanci, anche alla luce della corretta o meno valutazione degli immobili stessi. Dall’altro, sono le stesse banche a non vedere di buon occhio la svendita dei beni immobili in portafoglio. «Fino a pochi mesi fa in effetti si faticava a portare avanti operazioni di un certo rilievo – è l’opinione di Serrini – perchè domanda e offerta erano mediamente lontani nei valori degli asset. Adesso però con operatori internazionali specializzati interessati all’Italia, banche ricapitalizzate e pressioni dalla Banca centrale europea, la situazione è velocemente cambiata e mi aspetto che entro la fine dell’anno verranno chiuse operazioni per importi davvero importanti».

 


Autore: Evelina Marchesini
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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