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Rallenta la crescita delle sofferenze, ripresa ancora fragile

In Italia la ripresa economica prosegue lenta e resta fragile. Banca d’Italia nel rapporto ha sottolineato che nel nostro Paese la ripresa ciclica si va estendendo ma resta fragile. Prosegue anche la moderata ripresa dell’attività produttiva, un ritorno alla crescita che è però a macchia di leopardo: interessa soprattutto le imprese esportatrici e quelle di maggiori dimensioni.

Resta quindi “prudente” l’orientamento della politica di bilancio: per l’Italia viene confermato un quadro di “sostanziale equilibrio nel lungo periodo dei conti pubblici e di contenuto indebitamento del settore privato”. Tuttavia, è il monito lanciato da via Nazionale, “l’inflazione nell’area dell’euro potrebbe mantenersi a livelli molto bassi per un periodo prolungato creando attraverso diversi canali rischi per la stabilità finanziaria“.

Secondo l’Istituto di via Nazionale “in presenza di un limite inferiore al movimento dei tassi di interesse nominali, il livello di quelli reali potrebbe risultare più alto di quanto appropriato per sostenere la ripresa economica; sarebbe inoltre più costoso il processo di aggiustamento da parte dei settori indebitati; potrebbe infine venire rallentata, in presenza di rigidità nominali, la correzione degli squilibri di competitività tra i Paesi dell’area”.

Inoltre, nonostante alcuni segnali positivi, le condizioni finanziarie delle imprese sono ancora deboli e il credito concesso dalla banche continua a ridursi. “La debolezza della ripresa e le difficoltà di accesso al credito rimarranno i principali fattori di rischio per le imprese nei prossimi mesi”, ha avvertito via Nazionale, ricordando che i casi di interruzione dell’attività produttiva o di avvio di procedure concorsuali hanno raggiunto lo scorso anno un nuovo massimo: il saldo demografico delle imprese, pari a circa 12.700 unità, è restato positivo ma di oltre due terzi inferiore a quello osservato nel quinquennio precedente.

Negli ultimi mesi del 2013 sono tuttavia emersi segnali di lieve miglioramento e la crescita delle sofferenze è divenuta meno intensa, ha rilevato l’Istituto, precisando che il flusso di nuove sofferenze sul complesso dei prestiti è rimasto stabile nell’ultimo trimestre dello scorso anno ed è diminuito nei primi tre mesi di quest’anno. Le consistenze dei prestiti deteriorati continuano tuttavia ad aumentare.

In particolare, il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti si è stabilizzato su valori prossimi al 3%. Nell’ultimo trimestre del 2013 l’indicatore è sceso dal 4,8% al 4,5% per i prestiti alle imprese ed è rimasto attorno all’1,3% per quelli alle famiglie. “Informazioni preliminari indicano che i flussi di nuove sofferenze si sarebbero ridotti nei primi mesi del 2014”, ha notato via Nazionale.

Più nel dettaglio, a dicembre i prestiti deteriorati, caratterizzati da anomalie nei rimborsi, rappresentavano il 15,9% del totale (14,4 a giugno del 2013); al netto delle svalutazioni già effettuate, il rapporto era del 10% dei crediti (9,6% a giugno). Per i crediti in sofferenza le corrispondenti percentuali lorde e nette erano pari rispettivamente all’8,7% e al 4% (7,8% e 3,8% a giugno del 2013); l’incidenza delle sofferenze nette sul patrimonio di vigilanza era pari al 33,6%. Nei primi due mesi di quest’anno è lievemente cresciuta l’incidenza delle sofferenze sui prestiti.

Inoltre in questi primi tre mesi dell’anno le banche italiane hanno ceduto o cartolarizzato sofferenze per circa 2 miliardi (3 miliardi nell’intero 2013, di cui oltre un miliardo a dicembre). “Le ingenti rettifiche di valore su prestiti contabilizzate dagli intermediari alla fine del 2013 hanno assorbito interamente”, si legge nel rapporto, “la redditività operativa, ma hanno consentito un significativo aumento dei tassi di copertura. Questi sviluppi, accolti favorevolmente dagli investitori, possono contribuire a riavviare il mercato dei crediti deteriorati. Alcuni grandi intermediari hanno annunciato iniziative miranti a ottimizzare la gestione di questi crediti”.

In questo contesto la flessione del reddito disponibile delle famiglie nel 2013 si è attenuata rispetto all’anno precedente. Nel corso del 2013 la contrazione è stata dell’1,2% con il reddito nominale rimasto sostanzialmente invariato. E’ calato anche l’indebitamento dei nuclei familiari che hanno ripreso a investire in attività finanziarie. La quota delle famiglie indebitate “finanziariamente fragili” è rimasta sotto il 3% e aumenterebbe di poco in caso di scenari macroeconomici avversi, ha previsto Banca d’Italia.


“I bassi tassi d’interesse”, ha spiegato Palazzo Koch, “e le misure a sostegno dei mutuatari hanno contribuito a contenere la vulnerabilità delle famiglie indebitate”. Nel 2012 la quota di famiglie vulnerabili, quelle con un’incidenza del servizio del debito sul reddito superiore al 30% e con un reddito inferiore al valore mediano, era pari al 2,9% del totale. Nella seconda metà del 2013 l’incidenza dei prestiti deteriorati sul totale di quelli alle famiglie è aumentata di tre decimi di punto, al 10,3%. Il peggioramento è stato più elevato per la categoria che comprende i mutui accesi per attività professionali.

Ma le proiezioni della Banca d’Italia indicano che in uno scenario di graduale ripresa economica, la percentuale di famiglie vulnerabili rimarrebbe sostanzialmente stabile (2,8% nel 2015). Il fattore di rischio più rilevante per le famiglie indebitate è rappresentato dalla dinamica del reddito disponibile: se esso rimanesse invariato rispetto al 2013, la quota di famiglie vulnerabili aumenterebbe al 3,3% nel 2015. L’impatto, nello stesso periodo, di un rialzo di 100 punti base del tasso Euribor a 3 mesi sarebbe più contenuto: la quota di famiglie vulnerabili arriverebbe al 3%.

E se il reddito nominale è rimasto sostanzialmente invariato e a fronte di una riduzione dei consumi, il risparmio è cresciuto in misura considerevole (11,1%). “Ciò, insieme all’aumento dei prezzi delle attività mobiliari, ha contribuito all’incremento della ricchezza finanziaria dello 0,5% nei primi nove mesi del 2013. La ricchezza totale ha tuttavia continuato a ridursi per effetto del calo del valore degli immobili”, ha registrato Palazzo Koch, individuando segnali di ripresa dei prestiti per l’acquisto di abitazioni. Le erogazioni di mutui nel primo trimestre sono aumentate del 9,3% rispetto al periodo corrispondente del 2013.

In effetti preoccupa la fase di debolezza del mercato immobiliare italiano con le prospettive che rimangono incerte. I prezzi delle abitazioni sono ancora in diminuzione mentre si è arrestata la discesa di quelli degli immobili non residenziali. Nel quarto trimestre del 2013 la flessione dei prezzi delle abitazioni è stata dell’1,3% sul periodo precedente (-4,8% sul quarto trimestre del 2012). I prezzi sono invece rimasti pressoché invariati in tutti i principali comparti degli immobili non residenziali; tra questi, nella seconda metà dell’anno sono lievemente cresciuti quelli degli edifici destinati a usi produttivi (capannoni).

Al contempo, nel quarto trimestre il numero delle compravendite è tornato a diminuire, riflettendo la possibile convenienza a rinviare gli acquisti in vista della riduzione dall’inizio di quest’anno delle imposte di registro (dal 3 al 2% per le abitazioni principali) e di quelle ipotecarie e catastali, definite ora in ammontare fisso e non più in proporzione al valore dell’immobile. “I rischi di sopravvalutazione delle case in Italia sono modesti. L’indice della capacità di accesso al mercato da parte delle famiglie e il rapporto tra prezzi e affitti sono scesi a valori contenuti nel confronto storico”. Nei prossimi mesi “proseguirebbe la fase di debolezza del mercato, pur con qualche segnale di attenuazione. Le attese degli agenti immobiliari prefigurano”, ha concluso il rapporto, “una nuova flessione dei prezzi nel trimestre in corso”.

 


Autore: Francesca Gerosa
Fonte:

Milano Finanza

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