Forse in pochi, nell’esperienza di vita vissuta, se ne sono accorti. Ma le banche stanno cambiando atteggiamento. I dati della Bce sull’andamento dei finanziamenti questo dicono: in Europa le condizioni del credito, pur restando restrittive, hanno mediamente iniziato ad allentarsi. La cinghia delle banche si sta lentamente allargando. A partire dall’Italia.

Secondo le elaborazioni effettuate dall’ufficio studi di Nomura, che ha creato una sorta di super-indice con i dati della Bce, è la prima volta dal 2007 che le condizioni del credito in Europa migliorano in maniera così evidente. Ma la sorpresa maggiore riguarda l’Italia: il nostro è infatti il Paese dove il miglioramento è nel complesso più marcato, mentre in Germania e Francia si registra un lieve generale peggioramento. Merito del calo dello spread tra BTp e Bund. Merito di quel flebile ottimismo che sta tornando. Merito della timida ripresa economica.


La cinghia si allenta
Purtroppo, per ora, il miglioramento in Italia è solo relativo: le condizioni del credito in generale restano infatti restrittive. La cinghia è insomma ancora stretta, pur allentandosi un po’. Per di più gli spiragli riguardano per ora solo le famiglie. Per le imprese, sentenzia il «Sondaggio sul credito bancario» elaborato dalla Bce, ottenere finanziamenti resta ancora dura. In una scala dove i numeri positivi indicano restrizione del credito e i numeri negativi mostrano un allentamento, le condizioni dei finanziamenti bancari alle aziende restano nel primo trimestre 2014 in Italia a +13%. Questo significa che per le imprese italiane il credito è ancora in contrazione. Quel +13% non è insomma un bel numero. A differenza del dato per le imprese olandesi, dove il contesto sta migliorando molto (-14% il risultato). E a differenza di Germania, Francia e Spagna, dove le condizioni per le imprese sono stabili (0%).
Quello che sta notevolmente cambiando, in Italia, è invece il credito per le famiglie. I passi avanti sono così marcati, che nel primo trimestre le condizioni creditizie sono passate da -25% a -50%: questo fa dell’Italia il Paese dove si è registrato, nell’ultimo trimestre, il maggior miglioramento delle condizioni creditizie per le famiglie. Questo grazie in parte alla forte concorrenza tra le banche, che sono tornate a fare offerte più competitive per attirare clienti. E grazie al miglior accesso ai mercati delle banche stesse. Ma il miglioramento è soprattutto causato da un altro fattore: le famiglie, in un mercato immobiliare che sembra uscire dall’ibernazione in cui era entrato, sono tornate a chiedere mutui allo sportello.


Il nodo della sostenibilità
Questo allentamento della cinghia, sebbene non si possa ancora parlare di espansione creditizia, merita però qualche riflessione. Prima che il credito torni davvero e prima che l’economia si riprenda veramente, sarebbe bene impostare il nuovo percorso di crescita (sperando non resti di micro-crescita) in maniera sostenibile per noi e per le prossime generazioni. Prendiamo ad esempio il mercato immobiliare. Se il settore del mattone esce dallo stato comatoso e torna a crescere è senza dubbio positivo, perché questo crea Pil, posti di lavoro e ricchezza. Perché ravviva l’Italia. Ma non bisogna dimenticare anche l’altra faccia di questa medaglia: le nuove costruzioni (che seguono ovviamente la ripresa del mercato immobiliare) consumano territorio. Come hanno fatto in passato.
Secondo un rapporto elaborato dal Governo Monti qualche anno fa, dal 1971 al 2010 è stato cementificato il 28% del territorio agricolo italiano. Ogni giorno, in media, sono stati devoluti al cemento 100 ettari. I dati dell’Istat, più vecchi, danno risultati simili: dal 1990 al 2005 sono è stato consumato nella Penisola un territorio pari al Lazio e all’Abruzzo messi insieme. Tutto questo in nome del Pil, della ricchezza. Della crescita. Insomma: se riparte il mercato dei mutui e quello immobiliare, la speranza è che non riparta con lo stesso ritmo anche il consumo indiscriminato del territorio. E discorsi analoghi si possono fare su altri settori industriali.
Se oggi riusciamo ad agganciare la tanto agognata ripresa (ammesso che l’Italia ce la stia facendo davvero), dopo anni di una dura recessione, sarebbe dunque auspicabile indirizzarla verso la sostenibilità. Sin da subito. Altrimenti questi timidi segni «più» che si vedono davanti al Pil e alle condizioni del credito rischiano di restare solo numeri di una realtà virtuale.