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Dopo sette anni la giustizia è più lenta

Un accusa forte e circostanziata. Gli avvocati sostengono che dopo sette anni di riforme della giustizia arrivate a ondate come uno «tsunami normativo» il risultato è disastroso: i tempi giudiziari si sono allungati e i costi lievitati a dismisura.


Interpretando gli stessi dati ministeriali, il Consiglio nazionale forense, che ha condotto lo studio, ricava un saldo (in termini di durata) del tutto negativo: a fronte di 17 modifiche al Codice di procedura civile, la durata media dei procedimenti di cognizione ordinaria in primo e secondo grado è aumentata di circa 2 anni (da 5,7 anni nel 2005 a 7,4 nel 2011). Nel contempo, i costi di accesso sono lievitati del 55,62% per il primo grado, del 119,15% in appello e del 182,67% in Cassazione (contributo unificato pagato dal 2002 al 2012).
Lo stesso Cnf ha reso noti questi dati in occasione della presentazione alla Camera dei Deputati dell’Osservatorio permanente sulla giurisdizione, organismo dell’Avvocatura previsto dalla legge di riforma dell’ordinamento forense con compiti di analisi e di proposta. «L’Avvocatura vuole contribuire al dibattito sull’efficienza della giustizia, con progetti ragionevoli e credibili — chiarisce Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense —. Il debito giudiziario di nove milioni di processi pendenti e quello finanziario di 387 milioni solo nel 2013 per la irragionevole durata, appesantiscono il lavoro e l’impegno anche degli avvocati, come professionisti e come cittadini. In questo contesto è pressoché impossibile dare risposta alle legittime richieste di tutela dei cittadini».


Riforme imperfette


Il Consiglio nazionale forense non ha mancato di evidenziare anche le macroscopiche incongruenze verificatesi negli ultimi anni: è il caso del processo societario. Istituito nel 2003 con l’obiettivo di assicurare un rito snello e veloce a disposizione delle imprese, è stato esteso alle parti private che ne facessero istanza con il decreto legge chiamato «competitività» nel 2005 per poi essere definitivamente abrogato sia per le imprese che per i privati con il collegato al decreto sviluppo nel 2009.
Poi c’è il capitolo «Comunicazioni di cancelleria»: l’articolo 136 del Codice di procedura civile è stato modificato 6 volte dal 2005 al 2012. Il comma 4 (relativo alle modalità di trasmissione tra le parti) è stato aggiunto nell’agosto del 2011, modificato nel settembre del 2011 e poi abrogato a novembre. Tre variazioni in un anno.


Le proposte


Dal mondo dell’avvocatura però non arrivano solo bacchettate. Insomma, non tutto è perduto. Forte di questa convinzione, il Cnf ha presentato un pacchetto di interventi con una discesa in campo diretta degli avvocati e dei Consigli dell’Ordine: individuare nuovi percorsi alternativi al processo su base volontaria affidati all’Avvocatura; stabilire la presenza obbligatoria dei legali nell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia per la redazione delle norme; pensare alla possibile partecipazione degli avvocati allo smaltimento dell’arretrato civile, attraverso la stesura di sentenze, liberando così risorse da impegnare utilmente nei tribunali.
È indubbio che il mondo degli avvocati senta sulle sue spalle l’accusa di essere corresponsabile di lungaggini e lentezze della macchina della giustizia.
«Al contrario — protesta Alpa — L’avvocatura sente l’esigenza di maggiore trasparenza, chiarezza e anche completezza nelle elaborazioni statistiche che spesso sono alla base degli interventi riformatori. Il dibattito sull’efficienza della giustizia è apparso a volte affastellato e confuso, basato su dati raccolti dalle istituzioni più varie:dal Cepej del Consiglio d’Europa alla Banca mondiale con il suo annuale rapporto Doing business. Le indagini sono avvenute in maniera parziale, senza coinvolgere tutti gli operatori che lavorano negli uffici giudiziari. La logica della Banca mondiale degli investimenti, ispirata a criteri di economia aziendale e che pare determinare le scelte del legislatore italiano, non contribuisce a superare i problemi aperti», conclude Alpa.


Fonte:

Il Corriere della Sera

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