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La riscossione dei crediti privati. Un business a rischio liberalizzazione

In tempo di crisi anche i crediti possono diventare un business, specie se il settore della riscossione è a rischio liberalizzazione.  

In Italia sono circa un migliaio gli operatori che, attraverso solleciti, riscuotono e restituiscono le somme dovute da famiglie, clienti e imprese a banche e aziende per i loro servizi (ad esempio l’erogazione del mutuo o la fornitura di corrente elettrica). Un compito delicato ma fruttuoso (nel 2010 il fatturato complessivo delle attività a tutela del credito ha toccato i 691 milioni di euro) e per questo sottoposto a regole e controlli capillari che ora rischiano di saltare a causa di un disegno di legge che vorrebbe liberalizzare il settore.  

A dare l’allarme erano state qualche mese fa Unirec, l’Unione nazionale delle imprese a tutela del credito aderente a Confindustria, e Adiconsum, segnalando il testo di un progetto di legge che cancella le licenze del Ministero dell’Interno necessarie per lo svolgimento dell’attività di riscossione. «In un momento di lassismo delle regole, allentare il controllo su una attività così delicata è molto pericoloso», spiega Francesca Cilluffo, deputata Pd che assieme alle due associazioni sta cercando di far passare emendamenti sul testo in discussione alla Commissione Giustizia della Camera. Modifiche per evitare che in appena 6 articoli si tolga alle questure il potere di effettuare verifiche preventive sugli operatori che vogliono riscuotere crediti privati per conto terzi.  

Un controllo necessario anche per impedire che la criminalità organizzata metta le mani su un flusso di denaro che solo nel 2011 ammontava a 38 miliardi di euro. Un tesoro ghiotto soprattutto per quelle agenzie poco serie che tampinano i presunti debitori – anche all’insaputa delle aziende da cui hanno ricevuto il mandato – chiedendo ai malcapitati la prova dell’avvenuto pagamento per poterla inviare al creditore e farsi pagare, così un servizio in realtà fasullo.  

La legge, che ha come prima firmataria Mariarosaria Rossi (Pdl), balzata alle cronache per la vicinanza al giro di feste “bunga bunga” di Silvio Berlusconi, era stato presentato con l’intento di razionalizzare la costellazione di norme che regolano il settore. Ma sul testo erano piovute critiche anche per un potenziale conflitto di interessi: il marito di Rossi, Antonio Persici, favorevole alla liberalizzazione, è titolare dell’agenzia di tutela credito Euroservice Group.  

 Il disegno, in realtà, prevede che ci sia un controllo, rimesso però al Ministero della Giustizia ed esercitato di fatto da un organismo bilaterale che, spiegano Unirec e Adiconsum, svolgerebbe un controllo meno efficace e penetrante delle questure (e delle direzioni distrettuali antimafia). «E’ un settore troppo delicato e anche se credo il ddl potrebbe essere insabbiato dalle vicende politiche il timore è che filtri sotto forma di decreto o addirittura in un altro testo di legge», spiega Cilluffo. «Continuiamo ad auspicare che gli emendamenti presentati siano accolti vista la pericolosità di questa riforma» fa eco Gianni Amprino, presidente di Unirec che pochi giorni fa ha siglato con Cigl, Cisl e Uil un accordo per tutelare i lavoratori co.co.pro. nel settore riscossione crediti.  

Una mossa preventiva contro il rischio che gli operatori di call center – il mezzo più utilizzato per sollecitare i pagamenti – vengano inghiottiti in meccanismi di riscossione poco trasparenti, senza compensi adeguati né contributi. E con il pericolo di diventare, inconsapevolmente, strumenti a servizio di agenzie fuori controllo. 


Autore: Barbara D’amico
Fonte:

La Stamapa.it

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