Scelti per voi

Il credito allo «stress-test» dell’interbancario

Il debito pubblico italiano è tra i più alti al mondo rispetto al Pil? Bella scoperta. E non da ieri. Ma Piazza Affari sembra essersene accorta solo ora che i BTp sono sotto pressione.

Aiuto, aiuto, i rendimenti salgono. Ma nel passato recente sono stati anche più alti. E allora perchè solo oggi il debito spaventa la Borsa? A dir la verità, il nodo del debito è salito alla ribalta internazionale per motivi che non hanno nulla a che vedere con i problemi dell’Italia. Nel dopo Lehman gli Stati si sono svenati per salvare i loro sistemi bancari dalla finanza allegra che li aveva travolti, con la conseguenza di trasferire il debito dal privato al pubblico. Gli Stati hanno salvato le banche, ora chi salverà gli Stati?, è la domanda martellante.

Ma da noi il Tesoro non ha dovuto accollarsi questo fardello: le dimensioni del debito pubblico non sono il prodotto di salvataggi d’emergenza degli ultimi anni. La Borsa però tiene gli occhi puntati sullo spread BTp-Bund e a ogni fiammata al rialzo sbanda. Le banche pesano per il 23-24% dell’indice Ftse-Mib delle blue chip di Piazza Affari, una percentuale relativamente alta nel panorama europeo. E i loro portafogli sono infarciti di titoli della Repubblica, tanto più da quando è stato consentito di non farne gravare l’investimento ai fini dell’adeguatezza dei ratio patrimoniali. La Borsa sembra non fidarsi e le penalizza per questo, tant’è che il comparto del credito in questa estate rovente è stato il gran pivot dei ribassi del listino: da inizio luglio le banche italiane hanno ceduto il 45,5%, facendo peggio dell’indice All share che nello stesso periodo ha perso il 28,7%.

Ma se il problema fosse il rischio di default dell’Italia, piuttosto che quello di un’uscita disastrosa dall’euro, perchè sul mercato interbancario non si sono create le tensioni che hanno caratterizzato l’immediato dopo-Lehman? Questa volta sul mercato interbancario non ci sono state impennate anomale dei tassi, nè segnali di crisi di fiducia tra le banche che si lesinano i prestiti l’un l’altra, come era accaduto a fine 2008 con l’avvelenamento da titoli tossici. Tant’è che oggi tutte le scadenze – dall’overnight (poco sotto 0,9%), ai tre mesi (1,5%), ai sei mesi (1,7%) – sono agli stessi livelli, se non qualche centesimo di punto in meno, di dove si collocavano a inizio luglio.

Chi ha ragione? Il mercato interbancario che, inondato di liquidità, non si scompone, o la Borsa che, massacrata dalle vendite e dalla volatilità, fiuta il pericolo? Davvero il debito pubblico è improvvisamente diventato insostenibile? Razionalizzando, non è così. Il BTp decennale rendeva il 4,8% a inizio anno, ha toccato una punta del 6,2% a inizio agosto, e oggi è al 5,4%.

Considerato che la duration media dei titoli di Stato in circolazione è di sei anni, ogni punto di durevole aumento dei rendimenti si tradurebbe in 7 miliardi di oneri in più per il Tesoro, spalmati su sei anni: tutto sommato, un aggravio gestibile. Il mercato però proietta lo scostamento all’infinito e si allarma. Prima di arrivare a gettare la spugna e non onorare i suoi debiti, uno Stato però ha sempre modo di mettere le mani in tasca ai suoi cittadini. Ragionando per estremi: azzerare del tutto gli oltre 1900 miliardi di debito pubblico costerebbe a ciascun italiano, lattanti compresi, poco più di 30mila euro, meno di quanto molti pagano di imposte dirette ogni anno.

Il vero incubo di Piazza Affari, perciò, non è tanto il rischio default quanto il rischio, ben più concreto, di una nuova recessione che le manovre correttive non aiutano a scongiurare, tanto più che la crescita del Pil è già prossima allo zero. E nel frattempo, per le banche diventa più oneroso rifinanziarsi (anche se molte hanno già messo fieno in cascina per l’intero anno e oltre) con la conseguenza che, se le tensioni sui tassi a lunga non rientrano, il conto finiscano per doverlo pagare le aziende. Tutte quante, anche quelle che vedono le loro quotazioni scendere a rotta di collo in Piazza Affari.


Autore: Antonella Olivieri
Fonte: Il Sole 24 ore

Credit Village è oggi il punto di incontro e riferimento - attraverso le sue tre aree, web, editoria, eventi - di professionisti, manager, imprenditori e operatori della gestione del credito. Nasce nel 2002 con l’intento di diffondere anche in Italia, così come avveniva nel mondo anglosassone, la cultura del Credit e Collection Management.