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Un film differente con Basilea 3

LO SCENARIO PER LE BIG – «Se le nuove regole entrassero in vigore già oggi, servirebbero aumenti di capitale per 90 miliardi» «Gli stress test offrono molte informazioni, ma danno risposte tardive e di fatto già note ai mercati. Oggi il vero punto di instabilità dei mercati non riguarda più le banche in quanto tali, ma gli Stati e la loro capacità di prendere le decisioni giuste. Invece sono stati “stressati” gli istituti di credito, non i Governi». Paolo Bordogna, coordinatore europeo per le istituzioni finanziarie di Bain & Company, ne è convinto: gli “stress test” delle banche, i cui risultati sono stati diffusi venerdì sera con solo otto istituti bocciati in tutta Europa, sono tardivi.

Non centrano il problema. Non rispondono alle domande che il mercato si pone sul rischio di contagio. Le banche europee risultano sufficientemente capitalizzate, secondo gli stress test. Solo otto istituti non hanno passato l’esame, e dimostrano un gap di capitale di appena 2,5 miliardi. È così? Gli stress test non hanno “stressato” scenari estremi.

Se le nuove regole di Basilea 3 entrassero in vigore già oggi, secondo i nostri calcoli, per soddisfare nuovi requisiti le 30 principali banche europee dovrebbero aumentare il capitale di 90 miliardi. In aggiunta, gli istituti di credito dovranno incrementare i “cuscinetti” di liquidità (quelli creati per resistere a situazioni di stress) di 700-800 miliardi di euro. Queste necessità finanziarie, già impegnative, si vanno a sovrapporre alla necessità di rifinanziamento del debito bancario: tra il 2011 e il 2012 dovranno, infatti, tutti insiemi rifinanziare circa mille miliardi di euro di obbligazioni in scadenza.

Anche questo è noto ai mercati. Il problema è la necessità di fare tutto questo in un contesto di crescente rischio-Stato. Insomma: il vero “stress” deve ancora venire. Debiti che si sovrappongono a quelli che gli Stati dovranno rifinanziare: non rischiano banche e Governi di pestarsi i piedi le une con gli altri? Questo è il rischio. Oltre alle banche, anche gli Stati dovranno infatti raccogliere finanziamenti sui mercati obbligazionari: si tratta di 1.800 miliardi di euro di emissioni governative in scadenza nello stesso periodo. È molto chiaro, quindi, come tutto questo rischia di portare a forti tensioni sia in termini di disponibilità sia in termini di prezzi e rendimenti.

La liquidità diventa dunque una risorsa scarsa. In questo contesto come stanno le banche italiane? Stanno meglio di altre. Noi stimiamo che dei 90 miliardi di euro di capitale necessarie per l’intero sistema bancario europeo, gli istituti italiani si trovino con un gap di capitale di 15 miliardi. Ma il gap di liquidità, per soddisfare i requisiti di Basilea 3, è decisamente basso: 21-24 miliardi, pari a solo il 3% del totale. Dato che la crisi di Lehman Brothers ha dimostrato che una banca rischia di fallire se non ha abbastanza liquidità, gli istituti italiani, essendo a vocazione retail, si dimostrano sufficientemente solidi.

In effetti le banche italiane hanno superato, con l’eccezione del Banco Popolare che ha avuto un “voto” appena sufficiente, gli stress test. Ma questi esami non sono stati troppo blandi? Certo, ipotizzano scenari di stress decisamente più cauti rispetto a quelli che le stesse banche, internamente, prevedono quando “stressano” i loro bilanci in modo privato. Si tenga conto che gli stress test pubblici prevedono come “scenario avverso” un calo del Pil italiano dello 0,1%: le banche italiane, invece, già nel 2008 quando conducevano gli stress test autonomamente, prevedevano come scenario estremo un Pil 2009 per l’Italia in calo del 4-5%.

E, purtroppo, con la recessione abbiamo sperimento tali livelli. Dunque non sono serviti a niente? No, non dico questo. Gli stress test qualche aspetto positivo ce l’hanno. Per esempio costruiscono una classifica tra le banche: le mettono in fila, dalle migliori alle peggiori. In questo senso rendono giustizia alle banche italiane, tartassate sui mercati settimana scorsa. Ma ripeto, la vera sfida è un’altra: imparare a competere in un mercato in cui capitale e liquidità sono una risorsa scarsa e competere con gli Stati proprio sul fronte del rifinanziamento delle proprie obbligazioni, in un contesto di crescente rischio-Stato. Test come questi non servono a dare risposte ai mercati, i quali stanno sondando la forza dei Governi Nazionali (non solo dell’Italia) di prendere velocemente le decisioni giuste e della Comunità Europea di esercitare la giusta “moral suasion“.

E la loro scommessa si basa sull’opinione abbastanza diffusa che le forze politiche non siano in grado di bilanciare scelte difficili, come la necessità di rifinanziare il debito sovrano rispetto al sostegno al sistema delle banche, la necessità di sostenere la crescita rispetto al pareggio di bilancio, la necessità di agire velocemente rispetto al posizionarsi al meglio per vincere le prossime elezioni. Al momento stanno scommettendo contro


Fonte: Il Sole-24 Ore

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