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Per le banche un 2011 di prudente ottimismo

I creditori, scriveva Ambrose Bierce agli inizi del Novecento, appartengono a una tribù di selvaggi che abitano al di là degli Stretti Finanziari e sono temuti per le loro devastanti incursioni. Un secolo dopo, mutatis mutandis, banchieri e bancari si augurano che nel 2011 non abbiano a verificarsi incursioni di questo genere. Gli analisti finanziari paiono dar ragione a chi spera: nell’anno appena iniziato i bilanci dei principali istituti di credito quotati italiani dovrebbero migliorare notevolmente. Ma gli autori di quegli “oroscopi finanziari” che sono spesso i report degli esperti non nascondono i rischi: una nuova crisi del debito sovrano dell’eurozona, un peggioramento delle condizioni economiche complessive e, last but not least, un aumento delle tensioni sindacali. Ecco perché molti analisti restano neutrali sul settore.

Certo, in Borsa nel 2010 le banche non hanno vantato performance brillanti. In Italia l’indice Ftse Mib settoriale ha chiuso l’anno con un ribasso vicino al 30%, tra i peggiori a livello globale. È vero che l’indice dei 40 titoli principali di Piazza Affari è arretrato di quasi otto punti percentuali e mezzo e che nemmeno le banche quotate tra i principali 600 titoli europei (+14,2% nel 2010 l’indice Euro Stoxx 600) hanno sfolgorato, ma la loro contrazione (-7,5% circa) è stata un quarto di quella dei concorrenti italiani. Se poi si guarda al mondo, le banche dell’indice Msci World hanno segnato un rialzo di quasi il 10%, pari a poco meno della metà di quello globale (+22,6%).

Eppure i motivi per nutrire ottimismo sul 2011 delle banche italiane non mancano. Secondo un recente report di Ubs, i campioni nazionali quest’anno potrebbero mettere a segno alcune delle migliori performance a livello globale: sia sul fronte del dividend yield (rapporto tra il dividendo annuale e il prezzo di un’azione) che su quello del payout ratio (percentuale dell’utile distribuito sotto forma di dividendi). Con un dividend yield atteso a fine 2011 oltre il 5,5%, le banche italiane sarebbero superate a livello mondiale solo da quelle australiane (poco meno del 7%), batterebbero sul filo di lana le concorrenti francesi e spagnole, staccando quelle britanniche, surclassando quelle tedesche (2,5% circa) e sbaragliando quelle statunitensi (poco più dell’1%). Secondo Ubs, d’altronde, tra le 20 banche mondiali che nel 2011 dovrebbero offrire il dividend yield più elevato si contano quattro istituti nazionali: Banca Popolare di Milano al quinto posto, con un 7,2% atteso che la porta vicinissima al record del Banesto (7,7%), UniCredit (dodicesima, con attese pari al 6,2%), Intesa Sanpaolo (sedicesima, 5,9%) e Mediobanca (diciannovesima, 5,7 per cento).

Ma la necessità di rafforzare il patrimonio di vigilanza, in linea con le regole di Basilea 3, imporrà una politica di distribuzione dei dividendi “morigerata”. Che comunque sarà più generosa di quella delle concorrenti dei maggiori paesi europei. Il payout nazionale è atteso nei pressi del 45% circa. Se si considera che le banche italiane in Borsa quotano assai meno del loro valore di libro, ci sono dunque gli estremi per ritenere che alcuni titoli, ai corsi attuali, possano rivelarsi ottime opportunità di investimento in un’ottica di medio periodo. Senza dimenticare, però, le avvertenze di cui dicevamo. È vero che nei bilanci delle banche italiane la quota di titoli “tossici” (illiquidi) è ben inferiore a quella, quasi tripla, della media dei concorrenti europei. È vero che le banche italiane sono assai meno esposte delle concorrenti francesi e tedesche al rischio sovrano targato Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Ma un riacutizzarsi degli attacchi speculativi sui titoli di stato dei paesi della cosiddetta “periferia europea”, Italia compresa, potrebbe avere effetti pesantissimi sui bilanci bancari. Anche una nuova frenata dell’economia non gioverebbe, impattando direttamente sulle nuove erogazioni e peggiorando ulteriormente la qualità dei prestiti erogati a imprese e famiglie. Se poi si considera che la leva del contenimento dei costi d’impresa sarà fondamentale per le banche e che nel 2011 si discuterà il rinnovo del contratto nazionale di categoria dei 330mila bancari italiani, con le nove sigle sindacali di settore DirCredito, Fabi, FalcriFiba/CislFisac/Cgil, SilceaSinfubUgl Credito e Uilca che si preparano a contrastare i progetti dell’Abi, ci si accorge che le sfide non mancano nel futuro delle banche nazionali. Ma, come diceva il solito Bierce, il futuro è il tempo in cui i nostri affari prosperano, i nostri amici sono sinceri e la nostra felicità è assicurata…


Autore: Nicola Borzi
Fonte: Il Sole 24 ore

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