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Banche, piani da rifare dopo gli utili record

Confrontato con il 2020 della pandemia e con il 2022 dell’invasione russa in Ucraina, il 2021 è stato un anno da sogno. Certamente lo è stato per le maggiori banche italiane, che hanno visto tutte migliorare in maniera sensibile il loro utile netto.

Le sei maggiori banche del Paese hanno realizzato un risultato netto superiore all’anno precedente di 8,22 miliardi di euro, passando da una perdita cumulata di 706 milioni, in larga parte determinata da Unicredit (-2,785 miliardi) e Montepaschi (-1,682) ad un utile netto di gruppo di 7,518 miliardi.Recuperi

Allargando il campo, chi è andato meno bene è stata Banca Carige, l’unica tra le osservate a chiudere in rosso, con una perdita di 90 milioni di euro che vanno però confrontati con i 252 milioni persi l’anno precedente. Il percorso di miglioramento anche in questo caso è stato evidente e confermato dal fatto che proprio nelle prime settimane del nuovo anno Bper Banca ha confermato la propria volontà di acquisire Carige, operazione che dovrebbe realizzarsi entro il prossimo 30 giugno.

Tornando alle sei banche principali, caratterizzate da una struttura tradizionale del business, forma sociale di società per azioni e quotate in Borsa, il 2021 è stato un anno da incorniciare. La crescita del pil, gli aiuti di Stato, l’avvio del Pnrr, il ritorno allo stacco dei dividendi hanno portato il gruppetto delle maggiori banche nazionali fuori dal clima emergenziale, con evidenti riflessi sui conti. Con esclusione di Mps, le commissioni nette degli altri cinque maggiori istituti nazionali sono aumentate con incrementi in doppia cifra. Non accadeva da anni. Anche l’altra fonte tradizionale di entrate per le banche commerciali, ovvero i proventi da interessi, sono complessivamente aumentati, seppur di poco, passando da 22,23 miliardi a 22,28 miliardi. Risultato non semplice in tempi di tassi quasi azzerati. L’industria creditizia nazionale ha sfruttato il 2021 per compiere passi importanti verso un modello di business diverso. La crisi pandemica ha dimostrato l’importanza della dotazione informatica, di una architettura interna in grado di consentire il lavoro da remoto, ha ampliato la portata del valore della digitalizzazione. Le banche sono uscite dall’emergenza più forti di prima, orientate a un business dove l’apporto delle basi di dati è sempre più impattante. Al netto dei rovesci bellici dell’ultimo mese, se le banche tradizionali sono andate bene nel corso del 2021, le banche a più forte digitalizzazione e dove l’assenza di sportelli si sposa con una vocazione per la gestione del denaro della clientela, sono andate benissimo. Molte hanno realizzato utili record, sia nel campo tradizionale che tra le specializzate. Restando tra queste, Mediolanum ha realizzato utili netti per 713 milioni di euro (+64 per cento), Finecobank è arrivata a 380 milioni (+17,7 per cento), Banca Generali a 323 milioni (+17,5 per cento). Solo queste tre hanno accumulato utili netti per 1,416 miliardi di euro, una cifra paragonabile al cumulato di Banco Bpm, Bper, Mps e Credem, arrivato a 1,791 miliardi.Capitalizzazioni

L’assenza di sportelli, che un tempo era considerato un limite, oggi è un valore. Ma la trasformazione in atto, svuotando le agenzie, ha bisogno di una struttura digitale per supportare il business. La creazione di alias digitali, già realizzato da Unicredit e annunciato nel piano industriale di Intesa Sanpaolo vanno proprio in questa direzione.

Il generale miglioramento del clima economico del 2021 si è riflesso non solo sul business, ma anche sulla generale percezione. È aumentata la fiducia e lo si è…

Fonte: Il Corriere della Sera

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