NPL e crediti deteriorati Scelti per voi

Resta il bonus fiscale per chi vende gli Npl

La novità è in un semplice comma che, se confermato, è destinato a fare da effetto leva per la cessione di crediti deteriorati da parte delle banche. E costituire così, quasi indirettamente, un’ulteriore spinta alle aggregazioni.

Tra le pieghe del Dl Sostegni Bis in via di approvazione, il Governo ha infatti deciso di inserire la proroga degli incentivi per la cessione di crediti deteriorati. Il comma 3, nel dettaglio, prolunga al 31 dicembre 2021 l’operatività di un’agevolazione (prevista dall’articolo 55 del Dl 18/2020) scaduta a dicembre 2020, che consente di convertire le imposte anticipate correlate alle perdite fiscali (Dta) in credito d’imposta da usare in compensazione. Nella relazione che accompagna il decreto, il Governo fa una stima dell’impatto della misura mettendo in conto cessioni fino a 17 miliardi di non performing loans . «Si valuta che i crediti deteriorati ceduti complessivamente da società finanziarie e non finanziarie nel corso del 2021 saranno pari orientativamente a 17 miliardi di euro» di cui «10 miliardi di euro dalle banche», «4 miliardi da altri» soggetti e «3 miliardi indotti».

Secondo la vecchia normativa, la possibilità di trasformare in credito d’imposta (e quindi capitale) le Dta, anche se non iscritte a bilancio, è di fatto vincolata a due limiti: ogni soggetto può cedere fino a 2 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi mentre le perdite da tali cessioni non possono eccedere il 20% del valore nominale dei crediti ceduti.

Il provvedimento insomma si preannuncia come significativo. Ma quali sono i soggetti più “attrezzati” per sfruttare questa misura? Secondo l’analisi di Deutsche Bank, «Credem, Mediobanca, Bper e Banca Popolare di Sondrio sarebbero di fatto esclusi dalla lista dei beneficiari», data la sostanziale assenza di Dta in pancia. Al contrario, gli unici soggetti bancari, almeno tra i grandi gruppi, a detenere Dta dentro e fuori bilancio, oltre a Intesa Sanpaolo (2,37 miliardi), sono oggi UniCredit (4,35 miliardi), Mps (3,8), e BancoBpm (1,1 miliardi). Ovvio che in una logica di consolidamento tra questi soggetti, indipendentemente dalle geometrie, la pulizia preventiva dei bilanci “finanziata” dalle Dta si profila utile. Ma per UniCredit in particolare potrebbe anche essere ancora più preziosa in quanto unico soggetto che, dato l’ampio gruzzolo di Dta, rischierebbe di non sfruttare a pieno la conversione di tutte le Dta in capitale in caso di fusione con Mps, vista l’altra regola del Dl Sostegni Bis, che limita l’ammontare totale di Dta trasformabile al 3% degli attivi della banca più piccola oggetto della fusione. Un aiuto, insomma, che per piazza Gae Aulenti potrebbe essere utile in particolare in caso di aggregazione con Siena.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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