Credito e consumatori Dalla Redazione

Alla società che ha come oggetto sociale l’esercizio del credito al consumo, sia pure facente parte di Gruppo Bancario, non si applica il tasso effettivo globale medio previsto per gli intermediari bancari

La Corte di Cassazione, sezione Prima Civile, con l’allegata Ordinanza N. 10250 del 19 Aprile 2021, ha affermato che è irrilevante che la società finanziatrice, avente natura di intermediario finanziario non bancario, appartenga ad un gruppo bancario, sicchè – ai fini dell’accertamento del carattere usurario degli interessi pattuiti con il contratto di finanziamento – il tasso soglia va determinato sulla base del tasso effettivo globale medio rilevato per le operazioni della medesima categoria effettuate dagli intermediari non bancari.

Invero, come risultava dall’esame della visura camerale prodotta in giudizio, si trattava di una società autonoma e distinta, avente come oggetto sociale l’esercizio del credito al consumo.

All’uopo, la Corte di Cassazione ricorda che l’art. 2 della legge n. 108 del 1996, nel disciplinare la determinazione del tasso effettivo globale medio, da tenere in conto ai fini della determinazione del limite oltre il quale gl’interessi si considerano usurari, ai sensi dello art. 1, prevede che la relativa rilevazione dev’essere effettuata prendendo in considerazione i tassi d’interesse praticati da due diverse categorie di soggetti, individuati rispettivamente nelle banche e negli «intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385».

Tale distinzione trova conferma nelle istruzioni impartite dalla Banca d’Italia per la predetta rilevazione, le quali al punto A.2 includono nel campione di rilevazione da un lato le banche, precisando che la segnalazione dev’essere effettuata da quelle «iscritte nell’albo previsto dall’art. 13 del d.lgs. n. 385 del 1993», e dall’altro gl’intermediari finanziari, ivi compresi sia quelli iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del medesimo decreto, sia quelli iscritti nell’elenco generale di cui all’art. 106. Nel classificare per categorie omogenee le operazioni che costituiscono oggetto della rilevazione, le istruzioni distinguono poi tra quelle riconducibili ai contratti bancari propriamente detti, caratterizzati dal fatto che una delle parti è necessariamente una banca, e gli altri finanziamenti, e tale distinzione trova conferma nelle rilevazioni concretamente effettuate, le quali riportano separatamente i tassi relativi ai finanziamenti effettuati dalle banche e quelli relativi ai finanziamenti effettuati dagli «intermediari non bancari», per tali dovendosi intendere evidentemente gl’intermediari finanziari cui fanno riferimento la legge e le istruzioni.

Alla stregua di tale disciplina, che distingue i tassi da rilevare con riferimento a determinate categorie di operazioni ascrivibili a soggetti diversi, chiaramente identificati sulla base del dato formale dell’iscrizione negli albi previsti dal d.lgs. n. 385 del 1993 (cui corrisponde la sottoposizione ad un diverso regime giuridico), senza fare alcun cenno all’assetto proprietario o all’appartenenza ad un gruppo d’imprese, il tasso effettivo globale medio concretamente applicabile ai fini della determinazione del tasso soglia deve essere individuato esclusivamente in base alla riconducibilità del soggetto che ha posto in essere l’operazione ad una delle categorie indicate dalla legge: nessun rilievo può invece assumere la circostanza che il finanziatore sia assoggettato al controllo di un altro soggetto iscritto in un albo diverso, il quale detenga una quota maggioritaria o totalitaria del suo capitale azionario o sia in grado di esercitare nei suoi confronti un’attività di direzione e coordinamento, dal momento che la società controllata o eterodiretta rimane pur sempre un soggetto autonomo rispetto alla controllante, dotato di una distinta personalità giuridica e sottoposto al regime giuridico previsto per l’esercizio della sua attività.

In tema di collegamento societario, questa Corte ha d’altronde affermato ripetutamente che tale fenomeno, preso in considerazione dal legislatore quale causa di configurazione unitaria del gruppo soltanto a fini specifici e determinati, anche laddove implichi la gestione di attività economiche coordinate, l’utilizzazione di sedi comuni e la proprietà in capo ad una o più società di parte delle azioni delle altre, non è idoneo a determinare l’esistenza di un nuovo soggetto di diritto o di un centro d’imputazione di rapporti diverso dalle società collegate, le quali conservano la propria distinta personalità giuridica (cfr., tra le tante, Cass., Sez. I, 18/11/2010, n. 23344; Cass., Sez. lav., 9/01/2019, n. 267; 14/11/2005, n. 22927).

L’Avv. Paolo Calabretta si è laureato con lode nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania nel 1988, e svolge l’attività di avvocato occupandosi, in prevalenza, di diritto civile, ed in particolare di diritto commerciale, fallimentare e societario e recupero crediti. E' altresì difensore di Enti Pubblici. Ha pubblicato articoli giuridici su varie riviste telematiche.