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DBRS: le banche italiane hanno calcolato correttamente il costo del rischio?

L’agenzia di rating DBRS Morningstar fa il punto sulle banche europee, oggi, considerando il costo del rischio, uno dei maggiori indicatori degli effetti della crisi sui conti. Gli analisti prendono in considerazione un campione di 40 istituti di credito, che comprende, in Italia, Mps,  Banco Bpm,  Credito Valtellinese, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi e Banca Sella.

Tutte le banche hanno riferito di un costo del rischio significativamente più elevato nei primi tre mesi dell’anno determinato dall’aggiornamento delle ipotesi economiche sul coronavirus nei loro modelli di credito. Il primo trimestre, in particolare, riflette l’impatto iniziale della pandemia perché il lockdown è iniziato solo da metà marzo in poi in molti Paesi. In tal senso gli analisti si attendono una forte contrazione del Pil in tutte le economie europee e alti livelli di disoccupazione nel 2020 e “questo avrà un impatto negativo sulla redditività e sulla qualità degli istituti di credito”.

Il pieno impatto del Covid-19 sulle economie e sui settori bancari continua ad essere incerto e dipenderà dall’entità della recessione economica e dal tempo del successivo recupero. La maggior parte degli istituti considerati nella ricerca ha riportato accantonamenti per perdite su prestiti significativamente più elevati nel primo trimestre dell’anno e questo si è tradotto in un aumento del costo del rischio calcolato in base alla percentuale del totale degli impieghi netti (al costo ammortizzato). In media, il costo del rischio sul campione di banche considerate è aumentato a 86 punti base nel primo trimestre 2020, oltre il doppio rispetto ai 38 punti del 2019 e ai 23 punti del primo trimestre 2019. Ma forse non è sufficiente.

Per la maggior parte delle banche, l’aumento del valore registrato nel primo trimestre ha rispecchiato l’aggiornamento dei propri modelli, tenendo conto di prospettive economiche più negative. Ora che la qualità delle attività inizia a deteriorarsi, riflettendo in parte la fine della moratoria sul debito, gli analisti di aspettano che gli accantonamenti per perdite su crediti incorporino le perdite su prestiti in cui il rischio di credito è aumentato in modo significativo rispetto alla definizione iniziale (classificati come prestiti di Livello 2 ai sensi dell’IFRS 9) migrando verso i crediti deteriorati (Livello 3), quindi unlikely to pay e non-performing loans.

Autore: Elena Dal Maso

Fonte: Milano Finanza