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Attivi ma non critici: perché il golden power non può applicarsi agli Npl

Si discute in questi giorni – ne dà conto anche un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore il 3 giugno (Npl, incognita golden power) – dell’astratta applicabilità della disciplina sui poteri speciali dello Stato (il cosiddetto Golden Power) alle cessioni di crediti non performing da parte di banche italiane. Se ci si limitasse a una interpretazione superficiale, il tema potrebbe essere ben più ampio estendendosi a qualunque cessione di attivi realizzata da banche.

Guardando meglio, tuttavia, riteniamo debba escludersi in radice la possibilità per il Governo di scrutinare caso per caso operazioni di cessione di attivi finanziari ai sensi di tale disciplina, la quale – non dimentichiamolo – costituisce pur sempre una deroga all’ordinario regime di libera circolazione di beni, servizi e capitali per sole e proporzionate finalità di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico.

La questione è stata sollevata a seguito del Dl Liquidità (DL 8 aprile 2020, n. 23) che ha esteso al settore bancario l’applicazione dei poteri speciali noti come “golden powers”, con i quali il Governo può opporre il veto o subordinare a particolari condizioni il trasferimento di assets strategici. Fino al 31 dicembre 2020 sono soggetti all’obbligo di notifica anche specifiche delibere o operazioni adottate da un’impresa bancaria o assicurativa che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità di detti attivi.

Sulla base di un’interpretazione meramente letterale della norma potrebbero rientrare nell’ambito di applicazione anche decisioni aventi ad oggetto la cessione di crediti, titoli o altri attivi finanziari, in quanto tali delibere avrebbero come effetto la modifica della titolarità giuridica di attivi della banca. Inoltre, occorre considerare che l’accesso a informazioni sensibili, compresi i dati personali, o la capacità di controllare tali informazioni è espressamente menzionato tra i fattori critici presi in considerazione dal regolamento (UE) 2019/452, e la cessione di crediti comporta necessariamente la cessione all’acquirente di alcuni dati personali (nome, cognome, importo del debito) dei debitori ceduti.

L’attività di cessione di crediti (sia deteriorati sia in bonis) e le attività di compravendita titoli poste in essere da soggetti bancari vanno dunque di norma ricondotte a un’attività di ordinaria amministrazione. Le cessioni di crediti, in particolare, possono essere ricondotte, in via di estrema semplificazione, a tre ambiti di attività: funding, gestione ordinaria del credito e derisking.

Autore: Gregorio Consoli e Giulio Napolitano

Fonte: Il Sole 24 Ore

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