NPL e crediti deteriorati Scelti per voi

Da Tercas alla Popolare di Bari, la scia dei salvataggi bancari costati allo Stato 10 miliardi

Le soluzione per le crisi bancarie ha preso strade differenti a seconda dei casi. Lo Stato ha messo negli ultimi quattro anni circa 10 miliardi di euro. Per metà su Mps

Il cerchio si chiude con 900 milioni di euro messi a disposizione di Invitalia affinché la controllata Mediocredito centrale entri nel capitale della Popolare di Bari. Nell’operazione sarà affiancata dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, con l’intento di salvare l’istituto pugliese, commissariato venerdì 13 dicembre da Banca d’Italia, e chiamato a sua volta nel 2014 ad acquistare nel 2014 Banca Tercas, una banca abruzzese in difficoltà, dopo che lo Stato aveva già provato a salvarla con una ricapitalizzazione.

Nell’ambito di questa operazione PopBari fu accusata dall’Antitrust europeo di aver ricevuto 265 milioni di euro di aiuti di stato, illegittimi, dal Fitd sotto forma di ricapitalizzazione di Tercas ante cessione. Una decisione che peserà sui futuri interventi, smentita lo scorso marzo da una pronuncia della Corte di giustizia Ue.

Negli ultimi cinque anni, i crac nel mondo del credito, provato dalle crisi del 2008 e poi del 2011, si sono susseguiti con cadenza annuale. E per ognuno degli interventi, il governo ha messo in cantiere soluzione diverse, tra le accuse delle rispettive opposizioni di tutelare i banchieri a scapito dei risparmiatori. Interventi che nel complesso sono costati circa 10 miliardi in quattro anni.

A novembre 2015 la risoluzione di Banca Etruria, Marche, CariFerrara e Carichiesti  fu il primo banco di prova in vista della nuova normativa sul bail-in, ossia di salvataggio interno del sistema bancario, con perdite per obbligazionisti e azionisti. Al sistema bancario, con l’intervento del Fondo di risoluzione, il salvataggio costò circa 4 miliardi. Alla fine Banca Etruria, Marche e Chieti furono assorbite nel 2017 da  Ubi Banca, mentre Cariferrara è stata rilevata da Bper.

Ammonta invece a 5 miliardi di aiuti da parte dello Stato, il conto per il salvataggio di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. Dopo il rigetto della ricapitalizzazione precauzionale e non poste in risoluzione, le due venete furo poste in liquidazione e rilevate da Intesa Sanpaolo alla cifra simbolica di 1 euro. Assieme al sostegno del capitale concesso a Ca’de Sas per l’operazione, furono concessi anche 12 miliardi di garanzie sui bond, mentre i crediti in sofferenza furono acquistati da Sga, partecipata del Tesoro.

Madre di tutti i salvataggi e di tutte le crisi degli ultimi anni fu la seminazionalizzazione del Monte dei Paschi a dicembre 2016. Un banca sistemica. Di fatto la prima grana del governo presieduto da Paolo Gentiloni, appena entrato in carica dopo le dimissioni di Matteo Renzi, sconfitto nel referendum costituzionale del 4 dicembre. Il Tesoro investì 5,4 miliardi (di questi 1,5 miliardi per rimborsare gli obbligazionisti, nell’ambito di una ricapitalizzazione precauzionale da 8,1 miliardi. Oggi Via XX settembre detiene il il 68,25%, che dovrà però dismettere entro il 2021.

Il decreto Mps fu anche ispirazione del provvedimento per togliere dalle secche Banca Carige. I Cinque Stelle dovettero mettere da parte la retorica anti-banche e votare assieme ai partner di governo della Lega. L’istituto genovese fu commissariato a gennaio 2019 dalla Bce, dopo la bocciatura dell’aumento di capitale da 400 milioni necessario per ripagare un bond subordinato da 320 milioni sottoscritto d’urgenza dallo schema volontario del Fitd.

Alla fine la soluzione individuata è passata per un maggior coinvolgimento del Fondo interbancario di tutela, per un aumento da 700 milioni di euro in Cassa Centrale Banca a fare da partner industriale. La ricapitalizzazione, per la quale non è previsto alcun intervento dello Stato in termini di liquidità, sarà distribuita per 312,2 milioni allo Schema volontario del Fondo interbancario, che convertirà i bond sottoscritti a novembre 2018.

Cb investirà inizialmente 63 milioni per arrivare al 9,9% di Carige, potendo però tra luglio dell’anno prossimo e la fine del 2021 acquistare in opzione le quote del Fitd e dello Schema volontario e diventare azionista di controllo dell’istituto ligure. Il Fitd interverrà direttamente nell’aumento di capitale per altri 238,8 milioni, garantendo poi l’eventuale inoptato della quota riservata agli attuali azionisti. (riproduzione riservata).

Fonte: Milano Finanza

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