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Bcc, no a cessioni degli Npl nei Fondi

«La scelta di non cedere massivamente i crediti in gestione da parte del Fondo temporaneo del credito cooperativo e del Fondo di garanzia dei depositanti delle Bcc è una scelta del tutto consapevole da parte degli organi sociali dei fondi stessi». Augusto dell’Erba, presidente del Fondo garanzia depositanti e del Fondo temporaneo del Credito cooperativo, nonchè presidente Federcasse, interviene sul tema sollevato ieri dal Sole 24Ore, ovvero dei circa 2,5 miliardi di Npl che rimangono nel portafoglio dei Fondi di garanzia del mondo cooperativo. La massa di crediti deteriorati è stata acquistata dai tre fondi di garanzia del credito cooperativo – il Fondo di garanzia dei depositanti del Credito Cooperativo-Fgd, che ha circa 880 milioni; il Fondo di garanzia istituzionale che è volontario e ha circa un miliardo e il Fondo Temporaneo, che ha circa 640 milioni – nei 16 interventi di sostegno alle Bcc in difficoltà realizzati tra il 2012 e il 2017. «Periodicamente alcune loro “tranches” vengono cedute pro-soluto sulla base di valutazioni analitiche e di opportunità di mercato», spiega dell’Erba.

Le sofferenze acquisite dai Fondi sono invece «correttamente iscritte nei bilanci dei nuovi Gruppi bancari cooperativi perché, nel nuovo assetto di sistema successivo alla riforma del Credito Cooperativo, le Bcc contabilizzano le loro esposizioni verso i Fondi stessi relativamente alle operazioni realizzate, debitamente svalutate secondo corretti criteri contabili». Nello specifico delle sofferenze “acquisite” dal Fondo di garanzia istituzionale, dell’Erba sottolinea che le sofferenze sono state acquisite dal veicolo “Lucrezia Securitization” e da questo cartolarizzate «attraverso l’emissione di notes riacquistate “pro quota” dalle Bcc». Le posizioni sono dunque «contabilizzate nei bilanci delle banche» e, di conseguenza, dei «gruppi bancari cooperativi a cui queste aderiscono».

Il presidente di Federcasse ricorda come negli ultimi anni le Bcc – soprattutto tra la fine 2015 e inizio 2016, settimane in cui si andava a definire la riforma del Credito Cooperativo – abbiano risolto alcune situazioni di difficoltà utilizzando «esclusivamente» risorse finanziarie interne al sistema, adottando strumenti «innovativi, poi adottati anche dal resto dell’industria bancaria italiana» e «senza mai ricorrere ad alcun sostegno pubblico o a risorse delle altre banche italiane». E facendo in modo che c«lienti e risparmiatori non subissero alcun danno. ed evitando che clienti e risparmiatori subissero danni».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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