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L’Istat rivede al ribasso la crescita nel 2018

L’Istat rivede al ribasso la crescita nel 2018. L’aumento del pil in volume è stato pari allo 0,8%, con una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali rispetto alla stima diffusa ad aprile, che dava il prodotto interno lordo in rialzo dello 0,9%. Resta invariato, invece, il pil del 2017 a +1,7%. Certo che in un anno la crescita si è più che dimezzata. Infine, il tasso di crescita del 2016 è stato rivisto all’1,3% dall’1,1% della stima precedente.

“La revisione generale dei conti nazionali”, ha commentato l’Istat, “ha modificato in misura molto limitata le stime dei tassi di crescita dell’economia italiana per gli anni recenti. Si conferma che nel 2018 vi è stato un significativo rallentamento della crescita con un tasso di variazione del pil dello 0,8% a fronte di un incremento dell’1,7% nel 2017”.

“Nel corso della fase di espansione 2015-2018”, ha continuato l’Istituto di statistica, “sulla base delle nuove stime si è registrato un aumento complessivo del pil in volume del 4,6%. La revisione generale dei conti ha condotto a una nuova misura del livello del pil nominale che nel 2016, anno per il quale si diffondono le stime definitive che incorporano i miglioramenti metodologici e le informazioni di base, è risultato superiore di circa 5,8 miliardi (0,3%) rispetto a quello quantificato in precedenza”.

L’Istat ha anche rivisto in peggio il rapporto deficit-pil del 2018 al 2,2%, 0,2 punti in meno rispetto alla stima di aprile. Il dato risulta, comunque, in miglioramento rispetto al 2,4% del 2017. Mentre la pressione fiscale complessiva lo scorso anno è stata pari al 41,8%, in miglioramento rispetto al 42,1% stimato ad aprile. L’Istat ha rivisto al ribasso anche il dato del 2017, per cui vale la stessa correzione (-0,3 punti percentuali).

Infine, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato nel 2018 una crescita dell’1,8% in valore nominale e dello 0,9% in termini di potere d’acquisto. Poiché il valore dei consumi privati è aumentato dell’1,7%, la propensione al risparmio delle famiglie è rimasta quasi stabile, passando dall’8 all’8,1%.

“Di male in peggio. Cala il pil e si aggrava il rapporto deficit-pil, dal 2,1% al 2,2%. Ma quello che ci preoccupa di più, è che sia la spesa per consumi finali delle famiglie che il potere d’acquisto sono ancora al palo, agli zero virgola, rispettivamente +0,8% e +0,9%”, ha sottolineato a caldo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Considerato che la spesa della famiglie residenti rappresenta il 60% del pil, stando ai dati di oggi il 59,78%, è evidente che fino a che non si ridà capacità di spesa agli italiani non ci potrà essere nemmeno una crescita significativa”, ha concluso Dona.Lo scorso 30 agosto l’Istat ha confermato la variazione nulla del dato congiunturale della crescita del pil nel secondo trimestre di quest’anno, mentre ha rivisto al ribasso da piatto a -0,1% il dato tendenziale. A giorni è attesa la Nota di aggiornamento al Def in cui il nuovo governo probabilmente rivedrà il target di crescita per il 2019 fissato dal precedente governo allo 0,2%. Probabilmente la stima ufficiale sulla crescita verrà corretta allo 0,1% per quest’anno e dallo 0,8% allo 0,4% (o intorno allo 0,5%) per il prossimo. Mentre l’obiettivo del deficit 2020 verrà fissato al 2,1%, ma solo in accordo con Bruxelles.


Autore: Francesca Gerosa
Fonte: milano finanza

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