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Perdite su crediti, deducibili gli accordi con il debitore

Sono deducibili, e a quali condizioni, le perdite su crediti per i quali l’impresa ha optato per una transazione con il debitore? Avvicinandosi le scadenze per il versamento delle imposte per il 2018 il quesito – proposto sulla piattaforma Dichiarazioni24 del Sole 24 Ore – è frequente in ambito Ires e Irpef.

In primo luogo, occorre distinguere il motivo della transazione: se non sono le difficoltà finanziarie del debitore ma altre cause, come una contestazione sulla fornitura, il relativo onere non costituisce perdita su crediti ma sopravvenienza passiva (circolare 26/E/2013), il che evita l’applicazione dell’articolo 101, comma 5 del Tuir e ha effetti ai fini Irap: le sopravvenienze passive correlate a componenti imponibili sono deducibili ai fini Irap (Cassazione 11217/2011).

Occorre poi interrogarsi sulla possibilità per l’accordo transattivo di rappresentare quegli «elementi certi e precisi» che rendono deducibile la perdita su crediti. Nella circolare 26/E/2013, l’Agenzia ha affermato che le condizioni di deducibilità si intendono verificate quando:

creditore e debitore non appartengono allo stesso gruppo (ipotesi in cui l’Amministrazione ha individuato un incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, risoluzione 70/E/2008);

le difficoltà finanziarie del debitore sono documentate (ad esempio, dall’istanza di ristrutturazione presentata o dalla presenza di debiti insoluti anche verso terzi).

Secondo l’Agenzia, anche in caso di transazione, la perdita su crediti può essere giustificata sotto il profilo della convenienza economica, allo stesso modo e in presenza delle condizioni previste in caso di cessione a titolo definitivo (infruttuosi tentativi di recupero, lettere del legale eccetera). Ciò al di là delle ipotesi di assoggettamento a procedure concorsuali o simili e di crediti di modesto importo (articolo 101, comma 5 del Tuir).

Per la Cassazione la scelta di transigere con un cliente non rende indeducibile la perdita conseguente perché il legislatore ha riguardo solo alla oggettività della perdita e non pone limitazioni a seconda della causa (ordinanza 10256/2013). Per cui, la deducibilità della perdita può basarsi su fatti oggettivi, che rendano ragionevole la scelta dell’imprenditore di transigere anche per importi inferiori al credito originario, invece di proseguire nell’azione giudiziale (ordinanza 10634/2018), non senza considerare che non è necessario che il creditore fornisca la prova di essersi attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore (sentenza 27296/2014), anche perché possono rientrare nella strategia di un’impresa operazioni antieconomiche, in vista di benefici su altri fronti (sentenza 23863/2007).

La considerazione forse più importante attiene al comma 5 dell’articolo 101 Tuir, laddove il legislatore riconosce la sussistenza degli elementi certi e precisi qualificanti la deducibilità della perdita «in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili». Infatti, secondo l’Oic 15 la cancellazione contabile del credito va operata quando i relativi diritti contrattuali si estinguono. Una delle ipotesi in cui ciò avviene è la transazione che «fa venire meno il diritto ad esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti». Per cui, al di là di fattispecie di abuso da perseguire con gli ordinari strumenti di accertamento, una transazione motivata porta alla deducibilità della parte di credito non incassata come conseguenza dell’eliminazione contabile del relativo importo.


Fonte: Il Sole 24 ore 

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