Credito e consumatori Dalla Redazione

Istat, cala il potere d’acquisto delle famiglie, tengono i consumi, ma cala la propensione al risparmio

La fotografia che emerge dagli ultimi dati diffusi dall’Istat appare in chiaro scuro, da un lato nel quarto trimestre del 2018 si evince un calo dello 0.5% rispetto al terzo trimestre relativo al potere acquisto delle famiglie italiane. Nello stesso periodo si evidenzia altresì un calo del 0.2% del reddito disponibile lordo, ciò che stupisce e che nonostante questi dati negativi i consumi mantengano dalla loro una dinamica espansiva, a danno, però, della propensione al risparmio, che cala di 0.6 punti rispetto al trimestre precedente, attestandosi al 7.6% . Le considerazioni emerse dall’Unione Nazionale Consumatori, dalla Codacons e Della Confesercenti vanno tutti nella medesima direzione: “ urge una politica dei redditi”, perché i bilanci delle famiglie non si sono mai risollevati dalla crisi, e i dati dimostrano che il potere d’acquisto è ancora inferiore rispetto alla stesso periodo del 2011.

Così Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, commentando in una nota i dati Istat: “Il Paese arretra. Fino a che il reddito delle famiglie peggiora, non andremo da nessuna parte. I consumi, infatti, possono anche temporaneamente aumentare, sacrificando per un pò i risparmi, ma questo scambio non può durare a lungo. Inoltre non è certo così che i consumi potranno decollare come servirebbe per rilanciare la crescita”. Poi aggiunge, proprio per questo è necessaria e doverosa: una politica dei redditi, che vada ad aiutare non tanto chi ha partita Iva o che sia rivolta solo determinate categorie di lavoratori riducendo la loro pressione fiscale o immaginando la flat tax, ma sia indirizzata, invece, a quel 40% della popolazione che non arriva alla fine del mese. Perché, aggiunge Dona “se si aiuta chi ha un reddito basso ripartono i consumi, dato che chi sta peggio ha una maggiore propensione marginale al consumo rispetto a chi è benestante”.

Il Codacons dalla sua afferma, rincarando le preoccupazioni: “I dati Istat sul potere d’acquisto delle famiglie confermano in pieno gli allarmi circa il progressivo impoverimento delle famiglie italiane nel corso del 2018. Oramai gli italiani per fare acquisti devono ricorrere ai propri risparmi”. Poi prosegue l’Associazione fornendo la ricetta che potrebbe portare l’Italia ad uscire da tale contesto economico negativo “solo attraverso un potenziamento della capacità di spesa della famiglie sarà possibile uscire dalla recessione in cui è piombato il nostro Paese”.

Nel dibattito sul calo del potere d’acquisto delle famiglie italiane interviene anche la Confesercenti che dalla sua scrive, commentando i dati Istat: “I bilanci delle famiglie non si sono mai risollevati dalla crisi. Lo confermano i dati Istat sul potere d’acquisto degli italiani, in calo nell’ultimo trimestre del 2018 ed ancora di 2 miliardi di euro inferiore rispetto allo stesso periodo del 2011. In sette anni, dunque, le famiglie non sono ancora riuscite a recuperare pienamente quanto perduto durante la grande recessione”. Poi Confesercenti prosegue spiegando come la non ripresa dei redditi e del potere d’acquisto abbia purtroppo, e continui a farlo, inciso pesantemente sui consumi e sul mercato interno e sulle Pmi che ad esso fanno riferimento. Così conclude l’Associazione, snocciolando ulteriori dati: dal 2011 al 2018 abbiamo perso circa 360mila occupati indipendenti, tra imprenditori e collaboratori familiari. Quasi la metà (168mila) nel commercio, dove a soffrire di più sono stati i negozi di vicinato”. A detta di Confesercenti, inoltre, difficilmente i consumi nell’anno in corso cresceranno più dello 0,5%. Cosa succederà allora ai consumi, se il trend negativo proseguirà, quando, come ha fatto notare Dona, gli italiani non avranno più i risparmi da sacrificare per mantenere gli standard di consumi attuali? Questo scambio non può durare a lungo, dice il Presidente dell’Unione Nazionali consumatori, ecco perché sono necessarie subito, e su questo concordano tutte le Associazioni, misure correttive in tal senso.