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JP Morgan prima grande banca Usa a lanciare la sua criptovaluta

Nel pieno della bolla finanziaria Jamie Dimon aveva tuonato contro le criptovalute minacciando di licenziare il primo dei suoi trader che avesse scoperto a giocare con quegli strumenti, bollati come «una truffa». Ora JP Morgan è la prima delle grandi banche di Wall Street a scommettere sulla blockchain e sulle criptovalute, con una mossa che potrebbe rivoluzionare il mondo bancario.

L’istituto ha infatti annunciato di aver creato e sperimentato con pieno successo la sua criptovaluta: il JPM Coin è basato sulla tecnologia blockchain, esattamente come il Bitcoin, e sarà utilizzato dalla banca per «il trasferimento istantaneo di pagamenti tra conti istituzionali».

Come è possibile che la più grande banca statunitense inizi a sfruttare la tecnologia del distributed ledger per il suo business? Tecnicamente il JPM Coin è una “stablecoin”, una criptovaluta legata alla parità con il dollaro. In sostanza la si può immaginare come un criptodollaro, in grado di coiniugare la garanzia di stabilità del biglietto verde, senz’altro ben diversa dall’alta volatilità del Bitcoin e delle sue “sorelle”, ai vantaggi di sicurezza e certezza della blockchain. Quando un cliente trasferisce denaro sulla blockchain proprietaria della banca, i JPM Coin (per il valore equivalente di dollari) vengono trasferiti e, nel caso, convertiti istantaneamente in dollari, riducendo al minimo il tempo di settlement dell’operazione.

La blockchain in questione è privata – permissioned, come si dice in gergo tecnico -, nel senso che l’accesso sarà consentito solo ai soggetti autorizzati dalla banca. Per il momento si tratta di un progetto ancora allo stadio di prototipo, utilizzato per operazioni B2B selezionate, ma l’intenzione della banca è di ampliarne l’utilizzo alle transazioni quotidiane tra clienti, estendendone progressivamente l’utilizzo alle altre grandi valute.

Anche Facebook nei suoi progetti di criptovaluta starebbe pensando a una stablecoin, sempre da utilizzare nell’ambito dei pagamenti.

Ancora recentemente JP Morgan ha pubblicato un report in cui prendeva le distanze dalla tecnologia alla base del Bitcoin: «È improbabile che la blockchain possa rivoluzionare il sistema globale dei pagamenti – concludevano gli analisti della banca -, ma potrebbe garantire progressi marginali in diverse fasi del processo».

Ora la posizione è un po’ diversa: «Abbiamo sempre creduto nel potenziale della tecnologia blockchain e supportiamo l’uso di criptovalute, sempre che siano adeguatamente controllate e regolamentate», si afferma nel comunicato sul JPM Coin.

Non è un caso che l’applicazione della blockchain in ambito bancario parta dai pagamenti, comparto in cui stanno emergendo player sempre nuovi, con servizi digitali efficienti e convenienti. Un settore che fa molto gola dal momento che, partendo da transazioni annue di oltre 100mila miliardi di dollari, rappresenta un segmento fondamentale non tanto per fee e commissioni, ma soprattutto per il valore relazionale con il cliente e la possibilità di creare nuovi servizi sulla base dei dati connessi a quella massa di transazioni.


Autore: Pierangelo Soldavini
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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