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Stress test, i primi esiti Bce Doppio fronte Npl-derivati

Gli stress test bancari entrano nel vivo. Dopo uno slittamento di qualche mese legato all’introduzione dell’Ifrs9, a fine maggio le banche europee hanno inviato alla Bce le prime simulazioni che gli scenari disegnati dall’Eba generano su redditività, capitale e liquidità. Simulazioni che, almeno per quanto riguarda le banche italiane, nel complesso non avrebbero messo in evidenza particolari criticità. Ora si attende però la risposta da parte della Vigilanza, prevista da lunedì 25. Lì gli ispettori di Francoforte daranno i loro giudizi sui risultati degli esercizi inviati dalle banche sulla base dei template Eba e non è da escludere che i rilievi non manchino. Per le banche ci sarà tempo fino al 5 luglio per le controdeduzioni. Poi, dopo un ultimo round di confronto a inizio settembre, il 2 novembre si arriverà alla consegna dei risultati finali.

I nodi sul tavolo
La road map insomma è tracciata. E per capire i possibili esiti occorrerà ancora tempo e una lunga fase dialettica. Al momento però tra gli addetti ai lavori si ragiona già sui punti di possibile divergenza tra le prime stime delle banche e le attese della Vigilanza, che da parte sua punta a far sì che le simulazioni siano comparabili su scala europea. Il primo nodo è il rischio di credito, aspetto su cui i modelli Eba imporrebbero “benchmark” molto stringenti – e per certi versi irrealistici – per il mercato italiano (soprattutto in termini delle cosiddette pd e lgd dei modelli interni). Alla questione si legano a doppio filo le politiche di accantonamenti varate nel primo trimestre e le cessioni messe in cantiere nel quadro dell’introduzione dell’Ifrs9. Un fronte, quest’ultimo, su cui la stessa numero uno della Vigilanza Bce, Danièle Nouy, aveva messo in guardia le banche: eccessivo, a suo dire, era stato l’utilizzo degli “sgravi” concessi dal nuovo principio contabile nella First time adoption.
L’altro fronte aperto riguarda le simulazioni degli scenari di crisi sul margine di interesse: si tratta di un punto di particolare rilievo per gli istituti domestici, tipicamente di natura commerciale, che nelle ipotesi Eba non avrebbero la possibilità di reagire di fronte a un rialzo dei costi di raccolta (peraltro in atto) “ribaltandoli” per intero sugli impieghi. Andrea Resti, docente alla Bocconi che in qualità di consulente ha curato una relazione sul tema per il Parlamento europeo, evidenzia che la metodologia Eba legata all’Ifrs9 «rischia di enfatizzare gli effetti dello scenario avverso soprattutto nelle banche commerciali basate nei paesi periferici». Al contrario, «le banche fortemente orientate al trading non registrerebbero impatti drammatici sul portafoglio investimenti visto che le regole automatiche previste per “stressare” gli attivi di livello 2 e 3 sono incentrate sulle valutazioni operate dalle banche». Per il docente, che invoca la necessità di rivedere la governance dell’Eba per garantire ai test una supervisione davvero indipendente, le debolezze nella metodologia possono insomma portare «a un diverso grado di prudenza per modelli di business o paesi».

Chi è coinvolto
Gli stress test condotti da Bce con l’Eba mettono alla prova la tenuta dei bilanci di 37 banche dell’area euro in due scenari, uno normale e uno avverso nel triennio al 2018-2020, banche che rappresentano il 70% del totale delle attività bancarie dell’area dell’euro. Tra queste, ci sono le italiane Intesa Sanpaolo, UniCredit, BancoBpm e Ubi, i cui risultati saranno resi pubblici. In parallelo, la Bce condurrà il proprio test (senza renderne noti gli esiti) anche sulle altre banche significative, di cui saranno considerate le dimensioni minori e la minore complessità. In questo caso, nel campione ci sono Bper, Mediobanca, Carige e Iccrea. Nessun test è previsto invece per Mps, che è impegnata nel piano di ristrutturazione concordato con la Commissione. Gli stress test 2018 non prevedono il superamento di alcuna soglia di capitale. Eventuali richieste della Vigilanza alle banche significative -confluiranno nei processi Srep, e in particolare nella guidance di capitale di secondo pilastro.


Autore: Luca Davi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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