Dalla Redazione Fintech In Evidenza

Bitcoin e Fisco: dal 2018 ricavi in dichiarazione dei redditi

La crescita rapida dei Bitcoin ha portato molti ad interessarsi a quello che pare essere il fenomeno del momento, se si considera che da gennaio 2017 al gennaio 2018 la criptovaluta ha avuto un incremento esponenziale in termini di valuta. Si è passati in un solo anno da un valore di circa 700 dollari fino a 20.000. Anche google trend dà conferma dell’interesse generale verso le criptovalute, la parola Bitcoin è stata una delle più ricercate nel 2017 e il trend pare già confermato nei primi mesi del 2018. La moneta creata da Satoshi Nakamoto, nome di fantasia che nasconde il vero ideatore, non è stata la sola ad interessare gli investitori che hanno puntato l’attenzione su molte altre criptomonete come per citarne alcune Ethereum, Ripple, Quantum, Litecoin e IOTA, i cui valori sono centuplicati garantendo lauti proventi a chi aveva avuto ‘occhio’ nell’investimento prima della loro crescita.

Si devono pagare le tasse sulle criptovalute?

La novità del 2018 per quanto concerne i profitti ricavati con Bitcoin ed altre criptovalute deriva proprio dalle tasse. Se a lungo i detentori di queste somme non hanno dovuto dichiarare nulla, ora l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che i ricavi maturati nel 2017 andranno inseriti nel quadro RW per la dichiarazione dei redditi 2018. L’obbligo riguarderà quelle detenute al di fuori del circuito degli intermediari residenti.

Alex Ricchebuono, esperto di storia ed evoluzione della moneta, ha spiegato che già da tempo le autorità fiscali internazionali stanno riorganizzando un modo per imporre una tassazione coerente al mondo delle criptovalute, e su questo fronte l’Agenzia Italiana è stata certamente in prima linea. Poi aggiunge l’esperto: “ Il 2018 era poi il candidato ideale per essere l’anno della svolta. Difformemente da ciò che si crede il sistema della blockchain, considerato del tutto anonimo ed impenetrabile, ha invece due fondamentali colli di bottiglia sui quali, almeno inizialmente si concentreranno i regolatori, ovvero il momento in cui si acquistano e si vendono euro, dollari o altre divise internazionali per convertirle in criptovalute”.

Quella dell’inserimento dei ricavi delle criptovalute nelle dichiarazioni dei redditi è certamente una svolta decisiva con la quale l’Agenzia delle Entrate assimila in modo concreto le valute virtuali a quelle estere.

Il problema fisco – monete virtuali é emerso solo ultimamente  dato che un numero sempre maggiore di italiani ha iniziato a fare trading di criptovalute.  Inizialmente l’Agenzia delle Entrate per rispondere a quanti volevano comprendere se dovevano o meno pagare le tasse sui ricavi ottenuti dai Bitcoin aveva optato per la spiegazione contenuta nella risoluzione 72/E del 2016 lasciando però molti dubbi . Dal momento che la stessa citava: “Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”. Ora l’Agenzia delle entrate con una risposta non pubblica ha però chiarito i dubbi nati al riguardo nell’ultimo periodo, andando ad assimilare, appunto, le valute virtuali a quelle estere. Un’operazione che ha completato la scia della risoluzione n°72/E del 02/09/2016 e che ha spazza via ogni incertezza diffusasi tra operatori e contribuenti. Tutti coloro che hanno detenuto delle criptovalute nel 2017 dovranno necessariamente compilare il quadro RW nella dichiarazione dei redditi del 2018.