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Npl e fusioni, pressing sulle banche medie

Quanto deve essere profonda la pulizia degli attivi delle banche italiane? La svalutazione automatica sui crediti dovrà essere fatta anche per i deteriorati in essere o solo per quelli futuri? E soprattutto: il capitale che gli istituti oggi hanno a disposizione, sarà sufficiente per assorbire gli impatti di eventuali nuove svalutazioni così da mettere definitivamente in sicurezza i bilanci? Sono questi i dubbi del mercato. Dubbi così assillanti da aver reso fragile il terreno sotto i piedi delle banche italiane, soprattutto di quelle medio-piccole.

Il guaio è che a queste domande non vi sono risposte. Non le hanno nè le banche, nè la Vigilanza. Ed proprio questa (paradossale) incertezza di fondo ad aver generato una confusione che si auto-alimenta.

L’incertezza sull’addendum

Tutto è nato in particolare il giorno della pubblicazione dell’addendum Bce sui crediti non performanti, le cui linee guida sono state anticipate dal Sole 24Ore il 3 ottobre. Da allora è stato un susseguirsi di indicazioni e di successive correzioni, di stime e contro-analisi. A invocare chiarezza e stabilità delle regole è lo stesso direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, che nei giorni scorsi ha sottolineato come le nuove misure sulla gestione degli Npl contenute nel testo della Bce, una volta chiarito l’ambito di applicazione, saranno pur gestibili dalle banche italiane ma «è fondamentale avere un quadro normativo certo e stabile nel tempo». Tema rilanciato anche ieri dall’ex ministro Giulio Tremonti, che, intervistato dal Sole 24 Ore, ha evidenziato i rischi su non perfoming» e tetto ai titoli di Stato nei bilanci bancari. Resta il fatto che in assenza di coordinate precise il mercato ha iniziato a fare i conti da sè. E, nella confusione, ha messo in conto il peggio. In breve ha iniziato a ridefinire al rialzo le asticelle relative allo smaltimento dei crediti deteriorati. Da inizio ottobre, Bper è scesa così del 17%, BancoBpm del 23%, Ubi del 16%, Carige del 36%.

Creval e le altre nel mirino

A pagare il dazio più elevato, come noto, è stato il Creval (ieri sceso del 19%), che complice l’annuncio di un aumento di capitale da 700 milioni a fronte di una capitalizzazione di circa 127 milioni, è sceso del 63%. L’istituto valtellinese, insieme a Carige, è al centro delle attenzioni degli investitori. Fino ad oggi il titolo si è deprezzato anche per questioni tecniche, alla luce di un’iperdiluizione che avrebbe oramai portato il multiplo di ingresso verso quello che è ritenuto il “pavimento” teorico, segnalano dal mercato. La banca con il supporto dell’advisor Mediobanca sta dialogando con gli investitori per presentare il piano industriale che, indicano fonti vicine all’istituto, è ritenuto credibile dai fondi. Ma da convincere c’è un intero mercato. Per questo il road show del top management proseguirà nei prossimi giorni a New York e Boston, per poi toccare Parigi e Ginevra. Poi, una volta che l’aumento di capitale sarà entrato nel vivo, si capirà quali saranno i passi successivi. «Valuteremo tutte le opzioni – ha detto nei giorni scorsi il presidente Miro Fiordi – comprese le aggregazioni».

Lo sguardo va in automatico alla vicina Banca Popolare di Sondrio, da sempre giudicata candidata ideale per un matrimonio in valle. Ma è ovvio che il mercato già fiuti la riapertura di un risiko bancario che, almeno in teoria, potrebbe coinvolgere tutto il resto del segmento, da Bper (e il suo azionista di riferimento Unipol, desiderosa di trovare una soluzione per Unipol Banca) alla stessa Carige. Del resto il piano draconiano varato dall’istituto valtellinese teso a dimezzare lo stock dei crediti deteriorati in portafoglio, ha spinto gli investitori a rivedere i target anche delle altre banche medie. Ora a fare da benchmark è il 10% in termini di Npl ratio lordo annunciato dall’ex popolare valtellinese. «C’è poco da dire – spiega uno dei principali gestori di fondi azionari italiani – Chi è sopra questa asticella, e magari deve fare i conti con Npl ratio del 15-20%, viene punito. E gli effetti si sentono sul mercato».


Autore: luca davi
Fonte:

il sole 24 ore

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