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Atlante riapre la raccolta per salvare le tre Casse

Le incognite sulla strada del salvataggio (e i potenziali colpi di scena) non mancano. Ma il dossier relativo al passaggio delle tre Casse di Cesena, Rimini e San Miniato da parte di Crédit Agricole intanto fa un passo in avanti. Perché in questi giorni, a quanto risulta a Il Sole 24Ore, Atlante 2 sarebbe riuscito a formare il consorzio di sette banche (tra cui risulterebbero Banca Imi e Natixis) che sottoscriverà la tranche senior della cartolarizzazione degli Npl dei tre istituti, in un investimento pari a 416 milioni in termini nominali.

Gli allarmi lanciati a inizio agosto dall’ad di Quaestio Sgr Paolo Petrignani, che vedeva nella dead-line del 10 settembre un termine troppo stretto per la formalizzazione dell’impegno finanziario, avrebbero dunque smosso le acque. E così, anche grazie alla moral suasion di Via Nazionale sulle stesse banche d’investimento, il dossier si sarebbe sbloccato, permettendo così di mettere un punto almeno sulla sottoscrizione della parte più garantita degli Npl delle tre casse. Un tassello che fa a fare coppia con quello relativo alla tranche equity da 213 milioni, che sarà sottoscritta integralmente dallo Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi.

Il tassello mancante

Tutto bene, dunque? Non proprio. Perché ora da superare c’è un ultimo, e ancora più impegnativo, scalino. Per poter deconsolidare, entro fine dicembre, i 3,152 miliardi lordi di Npl delle tre Casse (al prezzo concordato di 1,263 miliardi, pari al 38%) serve infatti coprire la tranche mezzanina, più rischiosa di quella senior e assai voluminosa. L’asticella massima del fabbisogno è fissata a 624 milioni nominali. A sottoscrivere la tranche si era impegnato lo stesso Atlante 2, che però aveva subordinato l’operazione a un cofinanziamento insieme ad altri soggetti. Anche perché la potenza di fuoco del veicolo che fa capo al fondo di Quaestio Sgr è quella che è: a disposizione ci sono 150 milioni, elevabili di altri 100 in caso di co-investimento di Fonspa. Ma non bastano, visto che servono 250 milioni per coprire tutta la tranche mezzanina, particolarmente ingente vista una junior limitata alle disponibilità dello Schema volontario.

Senza contare che altri 200 milioni di Npl, emersi in una seconda fase, devono ancora essere analizzati da Atlante. «Ad oggi non sono disponibili le risorse per finanziare l’investimento», avevano messo in chiaro i vertici di Atlante 2 nella lettera inviata al Fitd e alle stesse banche da salvare.

Atlante 2 riapre

Da qui, dunque, la massima attenzione dedicata al tema da parte delle Authority. Che già oggi faranno il punto, in un incontro riservato che si terrà a Roma tra gli uomini del Mef e di Banca d’Italia. Obiettivo: trovare la quadra definitiva e mettere in sicurezza uno degli ultimi dossier spinosi del sistema bancario italiano, dopo quelli di Mps e delle Venete.

La soluzione, ora, potrebbe passare da un potenziamento della forza di fuoco di Atlante 2. Per questo uno dei prossimi passi è costituito dalla riapertura dei termini per favorire nuove sottoscrizioni nel capitale del veicolo acquista-Npl. I termini sono scaduti infatti a fine luglio, e ora si rende necessaria la convocazione di una nuova assemblea (che potrebbe tenersi a stretto giro, forse già in settembre), cui toccherà cambiare lo statuto e favorire nuove sottoscrizioni. Tra queste ci dovrebbe essere la stessa Sga, che metterebbe altri 150 milioni circa. Ma non sono escluse iniezioni anche più sostanziose, così da coprire il “buco” da 250 milioni e completare la sottoscrizione della mezzanina, mentre altri propenderebbero per un maggior ricorso al debito.

L’impresa non è facile. Sia per il profilo rischio-rendimento dell’investimento, sia perchè il tempo stringe. Tra una decina di giorni, come detto, scadono i tempi per la presentazione delle lettere di impegno di Atlante 2 e altri investitori. Ed entro il 30 settembre tutti i contratti delle parti coinvolte dovranno essere chiusi, così da dare il via all’esecuzione entro fine anno. Se le scadenze non fossero rispettate, per le banche si aprirebbero scenari incerti. In particolare per Rimini e San Miniato, i cui ratio patrimoniali sono al di sotto dei minimi di Vigilanza. Senza il necessario aumento di capitale, i due istituti correrebbero il rischio di finire in liquidazione. Un’ipotesi, questa, che sia il Mef che Banca d’Italia vogliono evitare a tutti i costi.


Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

cassa di rimini e cassa di san miniatocasse di cesenanplatlante

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